02/12/2014

Omosessualimo e scienze naturali

L’ omosessualismo , in quanto ideologia, acceca la ragione e distorce o confonde le verità scientifiche.

Un illustre professore di scienze naturali,  Enzo Pennetta, esperto tra l’altro in bioetica e storia della scienza, ha reso evidente questo dato di fatto, smontando pezzo per pezzo un articolo apparso sul National Geographic, intitolato “Cosa è veramente contro natura?“, che tende a dimostrare che gli animali hanno comportamenti gay e che quindi l’omosessualità è naturale.

Un lungo elenco di bestiole, dai rospi alle puzzole, dai leoni ai delfini, e agli avvoltoi pare si accoppino con individui dello stesso sesso, in natura. I pesci pagliaccio addirittura cambiano sesso dopo una certa eta’, quindi “il papa’ di Nemo presto diventera’ la sua mamma.”

Ma quello che vale in altre specie di esseri viventi, è necessariamente  valido anche per  la natura umana? Gli animali possono essere modelli di comportamento per gli uomini?

Dovremmo comportarci come delle puzzole quando siamo disturbati? O imparare a bere col naso, come gli elefanti? O imparare a nasconderci tra le urticanti anemoni di mare come i pesci pagliaccio?

A parte il fatto che l’omosessualità tra gli animali comporta una sorta di violenza tesa a dimostrare il predominio sul soggetto sottomesso, “una notizia davvero fresca – prosegue Pennetta -risulta molto imbarazzante per chi volesse sostenere che i comportamenti degli animali possano fungere da riferimento per stabilire cosa sia “secondo natura” per gli umani: è proprio di questi giorni infatti la scoperta che tra le otarie è crescente l’abitudine di sodomizzare i pinguini, come segnalato sul Corriere della Sera del 19 Novembre scorso in “L’otaria che ama (davvero) il pinguino”: almeno quattro i casi documentati di rapporti sessuali tra giovani maschi del pinnipede con esemplari di pinguino reale, di cui uno poi ucciso e divorato. ... Un atto aggressivo e predatorio (forse anche per gioco) poi si è trasformato in un vero e proprio stupro. E  si sono visti altri tre atti sessuali tra maschi di otaria orsina antartica (Arctocephalus gazella) ed esemplari di pinguino reale (Aptenodytes patagonicus): questo comportamento sta diventando diffuso tra le otarie dell’isola Marion. Quello che sarebbe interessante sapere da Lisa Signorile, l’autrice dell’articolo su Nat Geo, è se in base a questa scoperta, la zoofilia con annesso stupro, ed eventuale uccisione della vittima, debba essere ritenuta un comportamento “secondo natura”, insomma, se domani andando al Bioparco dovessi vedere un tizio stuprare un pinguino, cosa devo fare? Devo soffermarmi ad ammirare lo spettacolo della natura, secondo le linee indicate su Nat Geo, o devo invece chiamare un guardiano? Per favore sciolga questo dubbio…”

Nell’intento di dimostrare che l’omosessualità non è una malattia da curare si giunge poi a ipotizzare l’esatto contrario:

“Nei topi l’eliminazione del gene dall’evocativo nome “FucM” porta le femmine a cambiare orientamento sessuale e preferire altre femmine... Se una base genetica venisse confermata anche per l’uomo, come e’ probabile, si tratterebbe quindi di semplice diversita’ genetica, la stessa che porta ad avere alti e bassi, biondi e bruni, e che e’ stata positivamente selezionata dall’evoluzione per motivi che ancora non comprendiamo a fondo”, dice l’articolo di Nat Geo. Allora, se l’omosessualità dei topi femmina viene provocata dall’eliminazione di un gene  la conclusione dovrebbe essere che l’omosessualità è una malattia. Non è una presa di posizione, è solo una conseguenza logica del caso esposto su National Geographic. E se conseguentemente la diversità genetica fosse da attribuire ad una mutazione di questo tipo anche il fatto di trovare (eventualmente) tale mutazione in molti individui non renderebbe il carattere associato “normale”. Per capire il concetto basterebbe domandare ad un emofiliaco o a un daltonico se ritiene che la sua non sia una malattia.

Il National Geographic, poi, prosegue nell’apologetica dell’omosessualità portando ad esempio l’antica Grecia. Si chiede giustamente Pennetta, perché prendiamo a modello la civiltà classica per la propensione al tenere comportamenti gay e non, per esempio, per la schiavitù, per il diritto di vita e di morte su moglie e figli del pater familias, per gli spettacoli sulla pelle dei gladiatori... Perché non prendere tutto in blocco?

In più, aggiungiamo noi,  il fatto che nella Grecia classica l’omosessualità e la pedofilia fossero addirittura incoraggiate, come sostiene l’articolo in questione, è tutto da dimostrare.

Circa, poi, le pratiche omosessuali di determinate tribù africane e australiane, potremmo ricordare al National Geographic che – parimenti – esistono tribù in cui l’omosessualità non esiste proprio e non è mai esistita.

Inoltre Pennetta scrive: “Riguardo invece ai simpatici Etoro e Fa’afafine con le loro usanze sessuali, perché non unire alla comitiva anche i NiamNiam o Asandè, i Mangbetu, varie tribù dell’Ubanghi i Fan del Congo francese con molte altre dell’Australia della Melanesia (Nuova Guinea, Arcipelago di Bismarck, Isole Salomone, Nuove Ebridi, Nuova Caledonia, Figi), alcuni distretti dell’Indonesia (Batta di Sumatra, Daiachi di Borneo) e della Polinesia (Maori, Nukahiva, le Isole Bow, Marchesi) del sudamerica con i Caribi, Arawak e Tupi che hanno la divertente abitudine di cibarsi di carne umana? Anche il cannibalismo sembra non essere “contro natura”.

Inoltre l’autrice del pezzo ha il coraggio di citare il rapporto Kinsey, come opera che riporta statistiche attendibili sulla diffusione dell’omosessualità,  rapporto che è stato sbugiardato nel merito e nei metodi già da decenni.

Ed ecco come finisce il pezzo di Pennetta:

“Se veramente dobbiamo trarre delle conclusioni logiche dall’articolo apparso su National Geographic, queste indicano che ciò che ci caratterizza sono le cose che facciamo differentemente dagli animali, quindi le 1.500 specie osservate che hanno comportamenti omosessuali non li rendono affatto per tale motivo “secondo natura” per gli esseri umani.

L’articolo in definitiva non solo non riesce a dimostrare la tesi di partenza, ma dimostra il più delle volte quella contraria e finisce col lasciare solo una grande confusione.

Alla fine si dichiara che l’articolo è stato scritto per contrastare le mistificazioni della scienza, sono assolutamente certo della buona fede che sta dietro questa dichiarazione, ma di fatto la scienza è stata ancora una volta mistificata, proprio nello stesso articolo in cui doveva essere difesa.

Fonte: Critica Scientifica

Marika Poletti

 

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