29/03/2017

ONU: il vento cambia? All’UNHRC la cultura della morte impera

Forse il vento cambia, all’ONUci chiedevamo speranzosi leggendo le notizie che provengono dalla Commissione ONU per i Diritti delle Donne.

Ma la cultura della morte ancora impera al Comitato ONU per i Diritti Umani (UNHRC: United Nations Human Rights Committee), oppure OHCHR: Office of the High Commissioner for the Human Rights.

Stamane molti mass media rilanciano con sdegno altisonante la notizia che anche l’ONU bacchetta l’Italia per l’eccessivo numero di obiettori di coscienza all’aborto.

[Ci hanno bacchettato altresì perché siamo poco accoglienti nei confronti degli zingari e dei migranti, ma di questo i giornali non parlano].

Chi fosse interessato, e avesse lo stomaco, può leggere tutto il documento dell’ UNHRC qui: mai viste tutte insieme tante considerazioni ideologiche infarcite di cultura della morte, di mancanza di rispetto per la sovranità di uno Stato e di lesione cieca e irrazionale degli stessi principi e degli stessi “diritti umani” che l’ente dovrebbe tutelare.

Chiedono all’Italia di garantire l’accesso  all’aborto? E il diritto (umano) alla vita del bambino? E il diritto all’obiezione di coscienza che è riconosciuto anche dalla dichiarazione universale dei diritti dell’uomo delle Nazioni Unite?

Si complimentano per la legge Cirinnà, sulle unioni civili (i matrimoni gay), ma chiedono anche una legge che garantisca le adozioni gay. E il diritto dei bambini ad avere una madre e un padre?

Chiedono maggiori interventi contro lo sfruttamento degli esseri umani: non una parola sull’utero in affitto che i giudici tentano di legittimare, né sullo sfruttamento delle donne al mercato degli ovociti necessari alla fecondazione artificiale (per non parlare del diritto dei bambini a conoscere padre e madre) che l’ONU, invece, chiede di ampliare, consentendone l’accesso anche alle coppie omosessuali.

Chiedono addirittura di cambiare l’articolo 3 della Costituzione che – secondo loro – specifica troppo poco quali siano le discriminazioni da evitare: anzitutto dimenticano sempre l’aggettivo “ingiuste” davanti alla parola discriminazioni. E così, se si vietano le discriminazioni giuste si viola proprio quel principio di uguaglianza che dicono di voler realizzare. Secondo poi dimostrano di esser ignoranti di diritto costituzionale (ma qui il discorso si fa un po’ tecnico e non vorremmo annoiare i Lettori) e della corretta interpretazione della norma in questione.

Ma la loro ansia di cambiamento della norma è giustificata perché si chiede all’Italia di infilare il gender e gli orientamenti sessuali nella Costituzione, in modo da supportare e facilitare il lavaggio del cervello dei nostri ragazzini e la diffusione dell’ideologia gender e dell’omosessualismo, accompagnate ovviamente da una bella legge che punisca gli “omofobi”, quindi cancelli la libertà di pensiero e di parola.

E poi, ancora, libero accesso di migranti senza regole (senza discriminazioni “giuste”, appunto!), e molto, molto altro ancora.

Chi sa l’inglese gliela  dia una letta...

Noi speriamo che l’aria nuova che tira alla Commissione per i Diritti delle Donne arrivi fino all’UNHRC: perché all’ONU di aria fetida se ne respira ancora tanta.

Francesca Romana Poleggi


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