La pasionaria dell’ aborto , la dottoressa Rebecca Gomperts, si impegna a procurare l’ aborto ovunque, soprattutto dove le leggi nazionali sono tese a difendere la vita.
La dottoressa, nota alle cronache per esser stata la prima a destinare un’imbarcazione di Greenpeace , di quelle che girano per difendere le foche, i pesci, le balene, ad uccidere i cuccioli d’uomo: con nave battente bandiera olandese, si fermava in acque internazionali e con scialuppe accoglieva a bordo le donne che volevano liberarsi del proprio figlio.
Una volante pro-morte a tutti gli effetti.
Ora la Gomperts ha studiato qualcosa di maggiormente efficace: la pillola a domicilio.
Tutto molto semplice: una donna si collega ad internet, risponde ad un questionario di 25 domande, dichiara di essere incinta, paga 90 € e si fa spedire in tutta sicurezza delle pillole per abortire direttamente a casa.
Controlli sanitari? Zero. Certificazione che si tratti di una gravidanza entro le prime nove settimane? Nessuna. Precauzioni per la salute della donna? Neanche a parlarne.
L’unica raccomandazione viene lanciata dalla dottoressa tramite le pagine di Vanity Fair: sarebbe meglio abortire entro le nove settimane perché “può essere scioccante abortire un feto che comincia ad avere sembianze di bambino.”
Comincia ad avere. Sembianza di bambino. Evidentemente prima deve esser stato un criceto, una patata. Un grumo di cellule.
Ma la signora tiene al benessere delle donne e le rincuora: anche nel caso di Stati in cui la legislazione non permette l’ aborto fai da te, “i medici non potranno sapere se è stato spontaneo o provocato, la donna non rischierà nulla”.
Marika Poletti
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana