03/02/2019

Quarantunesima giornata per la vita: il futuro inizia oggi

È vita, è futuro” è il tema scelto dalla Conferenza episcopale italiana per l’edizione del 3 febbraio 2019 della Giornata per la Vita che venne indetta, per la prima volta, dalla Cei, nel 1978, come risposta pastorale della Chiesa alla legge 194 che rendeva legale l’aborto in Italia. Diverse le iniziative organizzate dalla diocesi di Roma, tramite il Centro diocesano per la pastorale familiare.

Vale la pena riportare l’inequivocabile Messaggio lanciato dai Vescovi in occasione di questa ricorrenza: «Per aprire il futuro siamo chiamati all’accoglienza della vita prima e dopo la nascita, in ogni condizione e circostanza in cui essa è debole, minacciata e bisognosa dell’essenziale. Nello stesso tempo ci è chiesta la cura di chi soffre per la malattia, per la violenza subita o per l’emarginazione, con il rispetto dovuto a ogni essere umano quando si presenta fragile […]. Si rende sempre più necessario un patto per la natalità, che coinvolga tutte le forze culturali e politiche e, oltre ogni sterile contrapposizione, riconosca la famiglia come grembo generativo del nostro Paese. […] Incoraggiamo quindi la comunità cristiana e la società civile ad accogliere, custodire e promuovere la vita umana dal concepimento al suo naturale termine. Il futuro inizia oggi: è un investimento nel presente, con la certezza che “la vita è sempre un bene”».

Dunque la premessa da cui parte il messaggio e il senso della Giornata stessa, è la difesa della vita innocente e anche in tutte le sue fasi, soprattutto quando ha più bisogno di essere custodita, ovvero, in condizioni di fragilità: dunque dal concepimento fino al fine vita. L’aborto, definito da papa Francesco «non un male minore, ma un crimine», una “piaga”, va combattuto mettendo al centro di ogni azione politica e di ogni decisione personale il valore assoluto della vita umana, degna di essere vissuta sempre e comunque. Una tutela in cui ciascuno si deve impegnare prendendo coscienza che, oggi più che mai, è in atto una battaglia tra vita e morte: in alcuni casi si assiste alla tentazione di ritornare all’eugenetica di stampo nazista che, nei suoi programmi gestiti dal governo tedesco, includeva l’uccisione di migliaia di persone con disabilità, nel tentativo di “purificare” la razza.

È proprio pensando agli orrori passati, che oggi non si può più rimanere inermi, di fronte alla strage che si compie negli Stati Uniti, dove il 90% dei bambini non nati con diagnosi di sindrome di Down viene abortito, e migliaia di embrioni concepiti attraverso la fecondazione in vitro vengono distrutti a causa di anomalie genetiche. Bisogna prendere coscienza, oggi più che mai che la morte non può essere una risposta, né tantomeno una soluzione alle difficoltà, alla solitudine, alla sofferenza. Il ricorso a soluzioni mortifere è un’emergenza sociale di cui dobbiamo farci carico; pensiamo, ad esempio, anche al consumo della droga negli adolescenti, utilizzata quasi come “surrogato di senso” per placare un vuoto esistenziale il cui grido deve giungere alle nostre orecchie come un segnale chiaro e forte del bisogno di speranza che ha oggi la nostra società a cui bisogna rispondere, mostrando che nulla è perduto per sempre, nulla è inesorabile e nessuna notte è senza fine.

Bisogna prendere coscienza, tuttavia, che una vera crescita umana avviene innanzitutto grazie all’amore materno e paterno. Un impegno educativo, dunque, che deve partire per prima cosa dalla famiglia, costituita da un uomo e una donna con un legame stabile, la cui fecondità va promossa con autentiche politiche pro family, riconoscendo il lavoro essenziale di milioni di famiglie che, seppure spesso in difficoltà economiche, continuano a offrire un’ammirevole cura e assistenza dei più  piccoli e degli anziani.

«Il futuro inizia oggi», si legge in conclusione del Messaggio della Cei, «è un investimento nel presente, con la certezza che la vita è sempre un bene per noi e per i nostri figli. Per tutti. È un bene desiderabile e conseguibile».

Manuela Antonacci

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