29/01/2018

Sesso fluido: questo è il futuro che ci viene prospettato

Una coppia di catalani che vive a Roma (il padre è insegnante), raccontano al quotidiano El Pais di lasciare che sia il figlio a decidere di quale sesso vuole essere. «Ogni giorno si veste in maniera diversa, con gonna o con pantaloni: dipende da come si sente. Fin da piccolo non abbiamo corretto i commenti delle persone, sia se dicevano “Che bel bambino”, sia se esclamavano: “Che bella bimba”.

La transessualità è tema ben più complesso, del sentirsi maschio o femmina», prova a spiegare il genitore, che mantiene l’anonimato. Riley, questo il nome del dodicenne («l’abbiamo chiamato così perché in inglese significa valoroso», ha commentato il babbo), sarebbe genderqueer e, a detta di mamma e papà, non si riconosce e non riconosce la costruzione binaria del genere.

Washington_Health_sessoPer il blogger transgender Elena Bonali alias Ethan Bonali, le persone non binarie «non si sentono “nati nel corpo sbagliato”, anche se possono voler modificare degli aspetti, ma vivono un corpo in cambiamento». Riley, il giovanissimo Lgbt si presenta per l’intervista con una vestaglia viola, spiegando: «Ci sono alternative al rosa e all’azzurro», dichiara di non utilizzare mai i bagni della scuola «perché è un peso il solo dover scegliere in quale andare», se in quello dei maschi o delle femmine.

In questa testimonianza di genitori che nemmeno prendono in considerazione l’opportunità di dare modelli diversi al figlio, convinti che sia «diverso» dalla nascita, sconcerta in particolar modo un’affermazione: «A Madrid avevano consigliato a Riley di frequentare gente normale […] e il piccolo si spaventò». L’unico aiuto alla famiglia, sembra sia stato un libro sulla transessualità nei minori.

Nel gran parlare che si fa di bambini in transizione, seguiti da specialisti e accolti dai genitori come espressione di «fattori di variabilità», «normale» sembra sia solo la possibilità di poter declinare la propria esistenza «aiutandoti ad autodeterminarti», come sosteneva lo psicologo Paolo Valerio, presidente dell’Osservatorio nazionale sull’identità di genere (Onig).

Secondo i dettami del politically correct del pensiero unico Lgbt, non sentirsi né uomo né donna ma X è giusto impararlo fin da piccoli. In famiglia e sui banchi di scuola. Poi, da adulti, si potrà modificare i propri documenti a piacere, senza la necessità di una lettera del medico a certificare la necessità, come è consentito dal 27 gennaio di quest’anno ai cittadini dello Stato di Washington, negli Stati Uniti, secondo quanto deciso dal Department of Health lo scorso 27 dicembre.

Patrizia Floder Reitter

 


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