29/07/2013

Strage per un figlio “fuori quota”

Siamo nella cittadina di Dongxing, provincia sudorientale del Guangxi. E’ lì che si consuma la prima “strage del figlio unico”. Un padre di famiglia mercoledì ha ucciso due funzionari pubblici come atto di protesta contro la politica del figlio unico che aveva sancito come “fuori quota” il suo quarto figlio. La versione locale di Twitter, Weibo, in poche ore si riempie di commenti che esprimono solidarietà e stima per il padre, non per i funzionari che hanno perso la vita. “Fino a quando la politica del figlio unico opprimerà la gente, la gente deve ribellarsi”, scrive un utente. “Quante persone ancora saranno spinte a compiere un delitto a causa di questa terribile legge?”, si chiede un altro.

La politica demografica in Cina conferisce alle cellule locali il potere di decidere se una gravidanza sia permessa o no, se un feto debba essere abortito. Il personale impiegato conta mezzo milione di addetti, un impressionante esercito con potere di vita o di morte. La Cina è l’unico paese al mondo in cui la politica abortista è fonte di guadagno per lo stato. I funzionari pubblici incassano ogni anno quattro miliardi di dollari di tasse imposte a chi sfora la quota demografica. Il padre di quel bambino si era rifiutato di pagare ancora per vedere iscritto il figlio nel registro dell’anagrafe.

Nella stessa settimana Wang Feng, uno dei maggiori ricercatori cinesi, a una conferenza a Pechino ha denunciato la politica del figlio unico come “peggio della Rivoluzione culturale” che per volere di Mao trascinò la Cina in un decennio di oscurantismo e barbarie iconoclastica. “La Rivoluzione culturale ha ferito i cinesi per un breve periodo di tempo, mentre la politica del figlio unico influenzerà più di una generazione”, ha denunciato Feng, generando scalpore. “Siamo solo all’inizio”. Il Population Research Institute, fondazione americana di prestigio, ha pubblicato un servizio a firma di Anne Roback Morse secondo cui la politica del figlio unico in Cina ha cancellato “almeno 37 milioni di bambine”. Sarebbero 35 mila gli aborti forzati ogni giorno in Cina, ordinati dalle autorità. Oltre al caso clamoroso del padre vendicatore, Pechino fa i conti con la denuncia di Li Xiaolin, figlia del quarto premier della Repubblica popolare, Li Peng, quello che ordinò il massacro di Piazza Tiananmen per reprimere con la violenza le rivendicazioni degli studenti. “La cosa che mi dispiace di più nella mia vita è questo: se avessi potuto avere due figli, sarebbe stato molto bello”, ha detto la donna, contro i diktat del Partito. E’ nato anche un movimento di protesta contro gli aborti forzati, “Vogliamo giustizia”, e a Shanghai è sorto il movimento per la libertà femminile, il quale recita che “il governo cinese si illude di superare un fallimento (la legge del figlio unico) con un altro disastro (la persecuzione delle ragazze madri) e che la conseguenza sarà un nuovo boom di aborti, abbandoni, infanticidi e traffico di bambini”.

Lo scorso marzo era stato il gesto di un altro padre a far luce sulla politica cinese. Il suo bimbo era al settimo mese di gestazione quando le autorità di Pechino hanno costretto la madre, Lu, ad abortirlo contro la sua volontà. Il piccolo ha sofferto, un’agonia di venti minuti, poi non si è più mosso. Ma il padre del bambino, di fronte a questa macabra esibizione di forza da parte del Partito comunista, ha fotografato il neonato insanguinato e l’ha messo in rete. “Cosa ha fatto di male questo bambino da essere torturato a morte in questo modo?”, chiede un internauta. E un altro: “Queste sono le cose che facevano i ‘diavoli’ giapponesi e i nazisti”.

La politica del figlio unico di Pechino si prepara a dispiegare i suoi effetti: dal 2030, la popolazione cinese inizierà a diminuire e si assesterà poco sopra il miliardo di persone a fine secolo. Una popolazione che si è ridotta di un terzo “grazie” a direttive del Partito. Sono 380 milioni gli aborti forzati eseguiti in trent’anni. Tredici milioni all’anno. Millecinquecento all’ora. Venticinque al secondo. Questa “decrescita demografica”, unica al mondo, è stata imposta anche a colpi di sterilizzazioni di massa, sia maschili che femminili. Sono 196 milioni gli interventi di questo tipo, senza contare i “cripto aborti”, i 403 milioni di interventi per inserire dispositivi contraccettivi e abortivi intrauterini e che sfuggono al tragico computo ufficiale.

di Giulio Meotti

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