31/05/2017

Studi sul gender nelle riviste scientifiche: ma è roba seria?

Nell’ambito dei gender studies, degli studi di genere, tutti  prendono tutto molto sul serio, anche gli scherzi e la provocazioni.

Gli studiosi del gender, riempiendosi la bocca di supponenza, non fanno altro che vantare i loro “studi scientifici” pubblicati su “riviste scientifiche” (che proclamano che “la biologia non conta” e che “si è ciò che ci si sente”).

Allora, degli studiosi buontemponi, desiderosi di capire fino a che punto poteva arrivare la follia dei loro colleghi  e delle riviste scientifiche che pubblicano gli sudi sul gender, hanno buttato giù dei finti articoli scientifici sparando giù le stupidaggini più fumose e senza senso che venivano loro in mente e ne hanno chiesto la pubblicazione.

E così, James Lindsay e Peter Boghossian hanno ridicolizzato gli studi gender pubblicando sulla rivista Cogent Social Sciences uno studio dal titolo “Il pene concettuale come un costrutto sociale”.

Il documento, che sostiene che “il pene è un costrutto sociale incoerente”, ha superato l’esame critico (!) per essere pubblicato, il processo di peer-review, a pieni voti.  Lindsay e Boghossian hanno ricevuto recensioni incredibilmente incoraggianti, punteggi molto alti e attestati di stima incredibili...

Chissà che faccia avranno fatto tutti questi elogiatori quando gli stessi autori hanno proclamato che il loro studio era tutta un’invenzione, una serie di astruserie buttate lì in bella forma e a bella posta per vedere che effetto avrebbero fatto!

Un esperimento analogo  è stato recentemente fatto da Philippe Huneman e Anouk Barberousse sulla rivista Badiou Studies . Tale documento , intitolato Ontologia, neutralità e l’impegnarsi per (non) essere – queer”, aveva un contenuto ancora  più astruso della questione sul pene di Lindsay e Boghossian. Gli autori pretendevano di dimostrare che “il vero soggetto del femminismo è ‘molti’ e che si riferisce negativamente attraverso il ‘vale come uno solo’ posto dalla dimensione di genere ‘la’ donna”: non chiedetevi che vuol dire perché neanche gli stessi autori lo sanno!

Questi provocatori attribuiscono il “successo scientifico” delle astruserie che si sono inventati allo pseudo-intellettualismo tipico dei gender studies. E il fatto che queste idiozie siano state prese sul serio fanno meditare a fondo sulla crisi generale dell’editoria accademica.

Redazione

Fonte: BioEdge


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