26/04/2019

Stupro come “arma di guerra”, la svolta di Trump è pro life

Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha approvato recentemente, con 13 voti a favore e due astenuti (Russia e Cina) una Risoluzione che ha il fine di combattere e punire l’uso dello stupro come “arma di guerra”, in Paesi in conflitto. Il nuovo testo ha subìto una profonda revisione rispetto alla bozza iniziale per il veto minacciato dagli Usa di Trump a causa della formula «sull’assistenza alla salute riproduttiva» che, per intenderci, consisteva nel fornire incondizionato sostegno all’aborto per le vittime di violenza.

Un’altra parte importante eliminata dalla bozza iniziale è quella relativa all’istituzione di un nuovo meccanismo per controllare e segnalare tali “crimini” in guerra perché gli Usa, insieme a Russia e Cina, si erano dichiarati contrari. Mentre, contro il tentativo degli Stati Uniti, andato a buon fine, di privilegiare sempre e comunque la vita nascente si era duramente opposta la Germania così come l’ambasciatore francese all’Onu François Delattre: «È inspiegabile che l’accesso ai servizi per la salute sessuale e riproduttiva non sia esplicitamente riconosciuto per le vittime di stupro, che sono spesso bersaglio di atroci atti di violenza e di mutilazioni barbariche», ha tuonato quest’ultimo. Parole che sembrano sottovalutare un dato non trascurabile e cioè che l’aborto per le donne non è esattamente una “passeggiata”, né tantomeno una “terapia” che può guarire il male dell’anima generato da uno stupro, anzi, spesso, è proprio la goccia che fa traboccare il vaso, contribuendo a far sprofondare molte donne vittime di violenza in uno stato di afflizione ancora più profondo.

Alla riunione del Consiglio di Sicurezza erano presenti anche il segretario generale Guterres e l’avvocato attivista Amal Clooney. Il primo ha denunciato che «nonostante numerosi sforzi, la violenza sessuale continua a essere una caratteristica orribile dei conflitti in tutto il mondo» e che spesso, addirittura, «è usata deliberatamente come arma di guerra». In molti Paesi questa gravissima forma di sopruso è strettamente collegata a una mentalità tipica di alcune culture, basata sulla discriminazione sessuale a danno delle donne, tanto che si registra, proprio in queste aree, una diffusa impunità rispetto a tale crimine, spesso nemmeno denunciato. Infine Guterres ha incoraggiato il Consiglio di Sicurezza a lavorare insieme per «garantire la punizione degli autori e il sostegno completo ai sopravvissuti».

Anche Amal Clooney ha fatto sentire la sua voce: «Sebbene la bozza sia un passo avanti, soprattutto nella misura in cui rafforza il regime di sanzioni per coloro che commettono tali crimini, bisogna andare oltre. Se questo organo non può prevenire la violenza sessuale in guerra, deve almeno punirla. C’è un’epidemia di violenza sessuale e la giustizia è l’antidoto. È il momento di farla diventare la vostra priorità e onorare davvero sopravvissuti come Nadia Murad che hanno già sofferto troppo». E ci sembra davvero che questa Risoluzione proponga come antidoto la giustizia, e una giustizia a 360 gradi, capace di proteggere anche gli ultimi anelli di questa catena di atrocità che sono i bambini non nati, spesso vittime silenziose, anzi vittime “sacrificali” di aberrazioni di cui non sono responsabili e di cui, anzi, rischiano di diventare innocenti capri espiatori.

Manuela Antonacci

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