21/10/2013

Sud America, la sinistra rivoluzionaria contro l’aborto. Effetto Correa?

Le dichiarazioni del presidente dell’Ecuador riaprono il dibattito su interruzione di gravidanza e legislazione in America Latina

Gli apprezzamenti della Chiesa ecuadoriana non si sono fatti aspettare e per bocca del presidente dei vescovi Antonio Arregui sono arrivati al destinatario con tanto di elogio pubblico “per il coraggio e la nobiltà d’animo con cui ha parlato”. Un veto che pesa quello preannunciato dal presidente dell’Ecuador Rafael Correa alla depenalizzazione dell’aborto se la legge passasse nel Congresso del suo paese con l’appoggio dei suoi compagni di partito di Alianza País.

Come un sasso nello stagno il “cattolico” e “rivoluzionario” presidente ecuadoriano ha smosso le acque in tutto il continente, dove la sinistra, nelle sue differenti gradazioni governa oramai da un decennio. E con un Papa come Francesco, “avanzato” in materia sociale, che propone un “nuovo equilibrio all’edificio morale della Chiesa”, rimescola le carte anche nella sinistra latinoamericana.

L’ex presidente dell’Uruguay Tabaré Vazquez ha puntato la barra nella stessa direzione di Correa nel 2008; il veto alla legge gli costò l’ostracismo di una parte maggioritaria del Frente Amplio nel cui nome governava e la stessa poltrona presidenziale. Ma non ha cambiato posizione e di recente, da candidato presidente, è tornato a ripetere che “nessun scienziato mediamente sensato può negare che il zigote, frutto della fusione di due cellule, è un individuo distinto dal padre e dalla madre”. Con linguaggio medico qual è (Tabaré Vazquez è ginecologo) ha chiarito che “la filiazione non è determinata dall’annidamento ma dalla fecondazione e questa non è una questione religiosa ma una certezza biologica”. Tabaré Vazquez, secondo i sondaggi, si appresta a recuperare il posto perduto nel 2010 nelle prossime elezioni di ottobre 2014.

In Argentina, mentre la presidente Cristina Kirchner mantiene la sua posizione antiabortista sul piano personale nonostante la maggioranza del kirchnerismo sia a favore, un altro socialista, per di più candidato presidente, Hermes Binner, alla pari di Tabaré Vazquez afferma “come medico” di “difendere la vita e essere contro l’aborto”, pur non condividendo la sua penalizzazione. Simile in questo al presidente della Bolivia Evo Morales quando sostiene che “l’aborto è un delitto”, anche se nel dibattito in corso sulla depenalizzazione sembra inclinare a favore di quest’ultima.

Sorprende osservare che la sinistra più rivoluzionaria, quella ex guerrigliera, è anche la più intransigente contro l’aborto. Probabilmente perché più proclive storicamente ad aderire al “sentire” delle popolazioni rurali e prevalentemente cattoliche che si proponeva si sollevare in armi. Il presidente salvadoregno Mauricio Funes, in conto FMNL, si è opposto in più occasioni, durante il suo mandato iniziato nel giugno 2009, alla depenalizzazione dell’aborto, e anche di recente ha ripetuto che non promuoverà nessuna riforma della Costituzione in questa direzione. Daniel Ortega, sandinista doc ed ex guerrigliero, ha addirittura respinto gli emendamenti che depenalizzavano l‘aborto terapeutico dettando la linea al Fronte sandinista. La posizione antiabortista del plurimandatario nicaraguense è condivisa anche dalla moglie Rosario Murillo che con tutta probabilità – stando ai sondaggi di oggi – gli succederà alla presidenza nelle prossime elezioni.

La sinistra che vuole l’aborto, pur con gradi diversi di “libera autodeterminazione della dona”, ha i suoi paladini nell’ex presidente brasiliano Lula Da Silva, contrario all’aborto come cittadino, favorevole come Capo di stato, e la socialista Michelle Bachelet, la cui elezione, data per certa, riproporrebbe la depenalizzazione nel codice penale cileno. Notorie le posizioni favorevoli della sinistra messicana in generale e del Partito democratico rivoluzionario in particolare, che nel distretto federale di Città del Messico, governato da un suo candidato, ha già approvato la depenalizzazione dell’aborto offrendo il servizio pubblico negli ospedali per l’interruzione della gravidanza. E mentre il presidente del Venezuela Nicolás Maduro, alla pari di Chávez, legalizzerebbe l’aborto solo nei casi di violenza e incesto, l’oppositore Henrique Caprile è di più larghe vedute, dichiarandosi “d’accordo con l’aborto terapeutico e la pillola del giorno dopo” e a seguire le unioni civili omosessuali.

di Alver Metalli

Festini

 

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