02/07/2019

Suicidio assistito: in settimana dibattito al parlamento britannico

La Camera dei Comuni britannica si appresta a discutere giovedì prossimo sul suicidio assistito. L’iniziativa parte dal deputato Nick Boles, già esponente dei conservatori, oggi appartenente al gruppo parlamentare degli indipendenti. Si dibatterà in primo luogo sull’applicazione dell’attuale normativa per il fine vita, sulla quale si prevede che il consenso sarà trasversale.

Al di fuori del parlamento, tuttavia, spicca la preoccupazione di un gruppo pro life, la Society for the Protection of Unborn Children (Spuc), il cui presidente, John Deighan, ha sottolineato la necessità di prendere sul serio il dibattito: «Questa mozione è parte di una campagna concertata al fine di legalizzare il suicidio assistito», ha spiegato. «Lo stesso onorevole Boles non nasconde la speranza di presentare una sua bozza di legge. Negli ultimi giorni», prosegue Deighan, «abbiamo visto associazioni mediche abbandonare la loro storica opposizione ai medici che aiutano i pazienti a porre fine alla loro vita».

La Spuc sta sollecitando i suoi membri a scrivere con urgenza ai deputati dei rispettivi collegi. L’ultimo disegno di legge che mirava a legalizzare la morte assistita è stato il Marris Bill, il quale, nel 2015, fu sonoramente sconfitto con 330 voti contrari e 118 favorevoli. Se tuttavia Boles o altri parlamentari troveranno la maggioranza per un eventuale disegno di legge, vi sarà la possibilità di introdurre la morte assistita attraverso un disegno di legge governativo.

Deighan ha aggiunto che vi furono buone ragioni per respingere il Marris Bill. «La legge vigente protegge ogni cittadino, in particolare gli anziani, i malati e i disabili», ha sottolineato il presidente della Spuc. «Offrire alle persone la scelta di porre fine alla propria vita, determina una pressione inaccettabile per indurli a scegliere la propria morte. Tutto ciò si può riscontrare negli ordinamenti dove questo modello è legale, come, ad esempio, lo Stato di Washington, dove il 56% delle persone che sono state uccise tramite suicidio assistito affermano che uno dei motivi nascosti era costituito dall’essere un peso per la famiglia, per gli amici, per il personale sanitario».

«Se non altro», ha proseguito Deighan, «le prove dei danni del suicidio assistito e dell’eutanasia sono sempre più consistenti dal 2015. In Belgio e in Olanda, si sono verificati casi davvero orribili di persone sottoposte a eutanasia contro la propria volontà, persone “aiutate” a morire che, in realtà, non stavano affatto morendo ma soffrivano di infermità mentale, e la legge è stata estesa ai bambini. Se prima c’era qualche dubbio, ora è più che mai chiaro che non vi sono garanzie sufficienti per proteggere la gente dalle conseguenze dell’uccisione legale».

In conclusione, Deighan individua la vera urgenza: «Dobbiamo lavorare per migliorare la vita dei malati, disabili e anziani, non approvare una legge che presenti la morte come soluzione dei loro problemi».

Luca Marcolivio

Fonte: Society for the Protection of Unborn Children

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