11/11/2018

Suicidio assistito: info al Parlamento (p.c. alla Consulta)

Vorremmo raccontare ai nostri giudici della Corte costituzionale, ai nostri parlamentari che dovranno legiferare sul suicidio assistito e a quelli che raccolgono le firme per l’eutanasia, la storia di Randy Hillard.

Hillard è uno psichiatra americano che nel 2010 aveva pianificato nel dettaglio di andare in Svizzera per farla finita: gli avevano diagnosticato un cancro allo stomaco al 4° stadio e lui da medico sapeva bene cosa volesse dire (il tasso di sopravvivenza con quella malattia è del 18%). Era tutto pronto. Aveva lucidamente organizzato, oltre al suicidio, anche il suo funerale.

All’ultimo momento il suo oncologo gli ha proposto un nuovo farmaco, l’Herceptin, che poteva allungargli la vita di circa un anno. L’uomo ha accettato, non molto convinto. Nel 2013 Hillard è stato dichiarato guarito.

Da allora – ha detto – ogni mattina si sveglia meravigliato e con la sensazione meravigliosa di essere vivo. E ha cominciato una nuova vita, viaggiando in tutto il mondo, come testimone nella lotta al cancro allo stomaco.

Che ne sarebbe di lui se fosse andato in Svizzera prima che l’oncologo gli avesse fatto la proposta di usare il nuovo farmaco? Quanta gente che si è arresa col suicidio assistito o l’eutanasia ha perso la chance di cominciare una vita nuova e “meravigliosa”?

Intanto un’associazione di medici canadesi, la Physicians’ Alliance against Euthanasia, ha inviato un messaggio di allerta al parlamento spagnolo, impegnato nella discussione di una legge sull’eutanasia. Anche questo appello sarebbe bene estenderlo ai nostri rappresentanti. I medici canadesi ritengono «che sia essenziale portare alla vostra [dei deputati spagnoli] attenzione i pericoli e i fallimenti dell’eutanasia e delle leggi sul suicidio assistito che sono in vigore dal 2016 in Canada».  Nel comunicato stampa in oggetto, spiegano che da quando è stata introdotto il “MAID” (medical aid in dying), c’è stata una costante pressione per normalizzare ed espandere le pratiche eutanasiche di cui sono vittime le persone più vulnerabili.

Oggi, dopo solo due anni, si sta cercando di estendere l’eutanasia e il suicidio assistito a bambini e alle persone con malattie mentali e disturbi cognitivi. Medici e ospedali sono sotto pressione: non hanno diritto di sollevare obiezione di coscienza. Quando si rifiutano di uccidere loro stessi, sono obbligati a fornire ai pazienti indirizzo e modalità di accesso al “servizio” richiesto in altro luogo.

Il consenso e l’autodeterminazione dei pazienti non sono realmente tenuti in conto perché non viene loro offerta assistenza sanitaria adeguata, né cure palliative (è molto più economica l’eutanasia): la denuncia è arrivata anche dal College of Physicians del Quebec, che è l’organismo di regolamentazione per la pratica medica.

La legalizzazione dell’eutanasia e del suicidio assistito, secondo i medici scriventi, getta nell’abisso della disperazione tutti quelli che – malati o no – soffrono di depressione, o si sentono un peso per i familiari, o si sentono soli. Con la legalizzazione della morte assistita lo Stato cessa di proteggere la vita come un bene dei cittadini e in particolare di quelli che affrontano malattie e disabilità.
Anche l’Associazione medica mondiale, che comprende 114 Paesi in tutto il mondo, ha recentemente condannato l’eutanasia come pratica non etica.

Ma la nostra Consulta probabilmente non ha avuto tempo e modo di documentarsi sulla deriva mortifera, gli abusi e gli orrori che hanno preso piede nei sei Paesi del mondo in cui l’eutanasia e il suicidio assistito sono legali. Né si è distinta per coraggio e determinazione quando ha passato la patata bollente nelle mani del Parlamento: il nostro, come quello spagnolo, trovino il tempo di documentarsi e di comprendere che la legge deve proteggere i beni dei consociati. E la morte non è e non deve essere mai considerata un bene: altrimenti, se è un bene, per par condicio deve essere data a tutti.

Francesca Romana Poleggi

Fonte: Euthanasia Prevention Coalition 

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