26/03/2018

Suicidio, omicidio, morte assistita e la neolingua

Perché i sostenitori del suicidio assistito  e dell’eutanasia affermano che il suicidio assistito non è un suicidio e che l’uccisione intenzionale di un malato è un “aiuto alla morte”?

Laddove è stato legalizzato si intende per suicidio assistito la possibilità di farsi prescrivere dal medico il veleno adatto allo scopo. Diversa – ma a volte il confine è sottile – l’ipotesi dell’omicidio del consenziante, quando è il medico che uccide con un’azione (toglie il respiratore) o un’omissione (non dà più da mangiare e da bere), che pure è legale – per esempio in Italia, grazie alla legge sul biotestamento.

Ma Paul Stark , di National Right to Life, rileva che Compassion and Choices (C & C), la principale organizzazione  mortifera internazionale, è profondamente preoccupata per il linguaggio.  Nega con forza che il suicidio assistito sia “suicidio” (e certamente non tollera l’uso del termine omicidio). Dice che l’espressione corretta è “aiuto medico nella morte”.

C & C sa bene che è molto più facile far passare leggi che usano termini ingannevoli: la neolingua l’hanno inventata a bella posta. E infatti nella legge nostrana sulle Dat (sul testamento biologico) le parole eutansia, suicidio ecc. non sono proprio presenti. La stessa “morte” è nominata solo una volta, all’art.2,  comma 2 e di sfuggita.

Inoltre C & C sostiene che quelli che si fanno eutanasizzare sono molto diversi dai suicdi, perché loro amano la vita (ma se si fanno eutanasizzre forse la vita non gli piace più! O no?)

E allora – proprio in perfetto stile neolinguesco  –  i mortiferi si vogliono appropriare di un’epressione in uso con significato positivo cambiandole senso per coprire la nefandezza che loro propagandano: “aiutare a morire” vuol dire assistere un morente nel trapasso, alleviargli il dolore e confortarlo. Non vuol dire abbraviargli la vita.

E’ bene sapere queste cose e conoscere queste prese di posizione. Ciascuno di noi deve adoperarsi per non agevolare queste manipolazioni del linguaggio che poi col tempo ci modificano il modo di pensare: il suicidio (assistito o no) è un male, è una sconfitta, è la negazione della solidarietà, dell’amicizia e dell’amore.  Ed è giusto che si usi la parola suicidio, con connotazione negativa, anche quando prendo il veleno vine preso su prescrizione medica. Ed è giusto considerare se chi materialmente bene il veleno che è stato preparato, messo nelle mani e magari avvicinato alla bocca da qualcun altro sia davvero un suicida, o piuttosto sia uno che si lascia uccidere (omicidio del consenziente)...

E se invece, a seguito di testamento biologico,  tolgono il respiratpore, o il cibo e l’acqua, ad un malato, diciamolo chiaro e tondo: l’hanno ucciso. Non ci adeguiamo alle mistificazioni della neolingua.

Redazione

Fonte: National Right to Life


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