13/09/2017

Suicidio, schizofrenia non solo italica e un abbraccio del Papa

Il presidente di ProVita, Toni Brandi, è stato intervistato da Radio Kolbe a proposito del suicidio assistito, dell’eutanasia e della proposta di legge sulle DAT.

L’abbraccio che dissuade dal suicidio

E mentre andiamo a pubblicare questo invito ad ascoltare l’intervista disponibile qui, apprendiamo la notizia che una donna, Consuelo del Socorro Córdoba, che aveva programmato il suicidio assistito alla fine di questo mese, dopo un abbraccio di Papa Francesco ha cambiato idea. Questo fatto molto commovente, non è certamente un miracolo: è la riprova di quello che la ragione naturale spiega a chi la vuole ascoltare: il suicidio (assistito o meno) è una tragica intenzione che consegue alla depressione – più o meno giustificata e / o diagnosticata – che discende prepotentemente dal senso di vuoto e di solitudine.

L’abbraccio del Papa, probabilmente, ha trasmesso alla povera donna (col volto distrutto dall’acido e tante altre complicazioni collaterali) il sentimento dell’essere amata da Qualcuno che ha saputo – e sa – soffrire insieme ai Suoi figli.

Chi non crede in quel Qualcuno, certamente farà più fatica a sentirsi parte di un grande e meraviglioso progetto d’amore, quando le circostanze della vita sono avverse e tragiche. Ma l’abbraccio dei parenti e degli amici, o – al limite – la solidarietà sociale della comunità di cui si fa parte potrebbe lenire il dolore del sentirsi solo...

Suicidio da prevenire o da incentivare?

Però – ne abbiamo recentemente parlato – da una parte si celebra la Giornata per la prevenzione del suicidio (domani 14 novembre comincia un convegno di due giorni sul tema, a “la Sapienza” di Roma)e dall’altra si pretende la legalizzazione del suicidio assistito e dell’eutanasia.

Costringere i medici a “suicidare” i pazienti?

In California, i figli di Judy Dale hanno fatto causa alla struttura sanitaria che si è rifiutata di praticare un’iniezione letale alla donna, che è morta naturalmente dopo un paio di mesi, per il male incurabile che l’affliggeva: il suicidio assistito è già stato legalizzato, in California, ma non basta, bisogna anche costringere i medici ad ammazzare a richiesta (come fa già la nostra proposta di legge sul testamento biologico).

La tutela dei più vulnerabili

Questa è la fine della solidarietà sociale. Questo è l’abbandono a se stesse delle persone fragili, deboli, in crisi.

Come ricorda anche Brandi nell’intervista a Radio Kolbe, nella società moderna siamo educati a  stimare noi stessi e gli altri in base alla ricchezza, al benessere, alla prestanza fisica, all’apparenza. Con questi parametri di giudizio è facile per chiunque cadere in depressione.

Il desiderio di suicidio viene dalla depressione

Ma la depressione va e viene; la depressione è curabile. Gli esperti affermano che fino al 90% dei malati, se ben curati, migliorano in 3 – 8 settimane.

Il problema è che il 70% delle persone che soffrono di depressione non cerca la cura: o perché non si rendono conto d’aver bisogno d’aiuto, o perché temono lo stigma.

Il suicidio assistito conviene alle casse dello Stato

D’altra parte, in Canada hanno calcolato che con l’eutanasia e il suicidio assistito si possono risparmiare 140 milioni di dollari l’anno...

La priorità di uno Stato civile (che auto si proclama “democratico” in ogni occasione opportuna e inopportuna)  è quella di curare i malati, o quella di aiutare la gente a commettere suicidio?

La legalizzazione del suicidio assistito o delle DAT è la creazione del “diritto a morire”

Il malaugurato giorno in cui la legge inventasse una sorta di mostruoso “diritto a morire” – anche attraverso la legalizzazione delle DAT in corso al Parlamento – si presenterebbe ai consociati la morte come un bene, “un interesse protetto dalla legge”: sarebbe una violenza spaventosa nei confronti delle persone più vulnerabili, una vera e propria istigazione statale al suicidio.

Redazione


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