17/07/2019

Tafida come Charlie e Alfie. Non uccidetela, l’Italia è pronta ad accoglierla

Come Charlie Gard ed Alfie Evans, un nuovo caso scuote l’opinione pubblica britannica e, si spera, la collettività italiana. Si tratta della storia di Tafida Raqeeb, di cinque anni, figlia di una coppia di inglesi di origine bengalese che soffre di una malformazione artero-venosa (MAV). I medici del Royal London Hospital vorrebbe sospendere la respirazione artificiale, pur se la bimba manifesta segni di reattività e hanno comunicato ai genitori della piccola che non c’è speranza che possa riprendersi e secondo loro sarebbe opportuno porre fine alla sua vita.

I genitori della piccola però non sono d’accordo con i medici britannici e hanno fatto ricorso a vie legali per permettere alla piccola Tafida di continua la sua battaglia. I coniugi Raqeeb – lei, Shelina Begum, avvocatessa di 39 anni e lui, Mohammed, consulente edile di 45 – sostengono che la figlia, nonostante versi in uno stato di coma, abbia concrete possibilità di migliorare nel giro di pochi mesi. A differenza dei casi di Charlie ed Alfie per Tafida ancora non c’è una sentenza giuridica, ma il procedimento legale per chiedere la possibilità di trasferire la piccola in un’altra struttura sanitaria è stato già avviato. In particolare è stato depositato un ricorso al tribunale amministrativo di Londra per portare Tafida in Italia, dove l’ospedale pediatrico Gaslini di Genova ha dato piccoli ma importanti segnali di speranza alla coppia.

Dopo la notizia che il nosocomio londinese intende sospendere la ventilazione artificiale – arrivata ufficialmente il 19 giugno scorso – i genitori di Tafida hanno chiesto un parere proprio all’ospedale italiano, che ha confermato le gravissime condizioni della piccola ma ha sottolineato che lo stato di Tafida è di semi-coscienza e non di morte cerebrale. Nonostate le richiesta della famiglia, però, Il Royal London Hospital si è finora opposto alla possibilità di lasciar andare la paziente.

Il calvario di Tafida, spiega un articolo pubblicato da Avvenire, è iniziato alle 5.15 di mattina dello scorso 9 febbraio, quando la piccola ha svegliato la madre lamentando un fortissimo mal di testa e smettendo in poco tempo di respirare. Portata d’urgenza al Newham University Hospital di Londra e, dopo tre ore, al Kings College Hospital, è stata operata per fermare quella che era un’emorragia cerebrale, provocata appunto da una malformazione artero-venosa. Già allora i danni cerebrali erano gravissimi e da quel momento la piccola ha avuto bisogno della respirazione artificiale per sopravvivere.

Come riporta il Corriere della Sera, un portavoce del Royal London Hospital ha dichiarato: «È un caso molto triste, siamo in stretto contatto con la famiglia per offrirle supporto. I medici che assistono la bambina hanno determinato, insieme ad altri esperti, che ulteriori trattamenti medici invasivi sarebbero inutili. Ci stiamo impegnando con la famiglia per garantire che faremo tutto nel migliore interesse della bambina, raccomandando la sospensione del trattamento di sostegno vitale e l’avvio di cure palliative». Una posizione che ovviamente non ha trovato d’accordo i genitori della piccola. L’esito della vicenda potrebbe arrivare già nei prossimi giorni, con la prossima udienza.

Quello che è sicuro, però, è che ancora una volta la vita di un piccolo paziente è appesa al tira e molla di battaglie e sentenze legali.

Salvatore Tropea

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