23/10/2017

Testamento biologico anche per bambini

Una delle numerose criticità della pdl sul testamento biologico, dicasi Dat, dicasi via italiana all’eutanasia è che non salvaguarda affatto l’autodeterminazione dei pazienti, soprattutto dei bambini.

Anzi vincola i medici ad eseguire il testamento biologico non più attuale, quando il soggetto interessato versa in una condizione in cui non può più revocarlo, pur avendo magari cambiato idea.

Sono vittime particolarmente colpite da questa ingiustizia i disabili che abbiano redatto il testamento con l’ausilio di dispositivi multimediali che in un contesto di emergenza – ovviamente – non sono a portata.

Viene inoltre calpestata in modo del tutto peculiare la libertà e il diritto di vivere di minori e incapaci: infatti il “rappresentante” del minore o dell’incapace deciderà lui se il malcapitato rappresentato dovrà essere affamato e assetato fino alla morte. Anche quando si tratta di bambini.

In Australia, nello stato di Victoria, si sono posti il problema e hanno tentato di risolverlo in questo modo.

I bambini di ogni età possono scrivere il loro testamento biologico, illustrando le loro disposizioni in materia di assistenza preventiva e le proprie preferenze di trattamento, che i medici sono obbligati a seguire.

Il testamento deve essere redatto dal minore purché sia in grado di intendere e di volere al momento della dichiarazione e  alla presenza di un medico e di un altro testimone.

I bambini che, quindi, scrivono un testamento biologico in cui rifiutano un particolare trattamento medico, come la dialisi o la chemioterapia, obbligano i medici a non fornire tale trattamento.

Non è chiaro il ruolo dei genitori in tutta questa assurda questione: la nuova legge è controversa e sono contrari ad essa molti precedenti giurisprudenziali sulla capacità decisionale dei minori.

Un’esperta di diritto sanitario, Carolyn Johnston,  sostiene la normativa alla luce di “un approccio collaborativo” tra genitori e bambini nella redazione del testamento: genitori e medici sono votati al “miglior interesse del minore”, il minore stesso però deve essere partecipe della questione.

Molti rilevano che i bambini non sono sempre in grado di comprendere le opzioni di trattamento sanitario che possono accettare e rifiutare. Quando godono di buona salute, sarà il caso di mettere dei ragazzi di fronte al problema di decidere in astratto di un’ipotetica situazione di malattia? E che valore avrebbe una decisione presa in astratto, al di fuori del contesto? Laddove invece i bambini fossero gravemente malati, quale effetto psicologico potrebbe avere nei loro confronti un dover decidere se essere curati o no, nutriti e idratati o no?

La legge australiana evidentemente non si pone questo problema. La proposta di legge italiana, viceversa, lascia ogni decisione a un “rappresentante”.

Che dirà, di Lassù, il povero Charlie Gard?

Redazione

Fonte: BioEdge

 


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