29/01/2014

Texas, primo caso di aborto forzato: la denuncia

Il caso della donna, colpita da un danno cerebrale e caduta in stato di coma vegetativo, e fatta morire su richiesta della sua famiglia, sta suscitando nuove polemiche. Si tratta di Marlise Munoz, una donna texana che quando si è ammalata era incinta del suo secondo figlio. Rispettando la legge texana che vieta di “staccare la spina” a donne in stato di gravidanza, il personale medico la stava tenendo in vita quando la richiesta che le fosse interrotta l’assistenza fatta dai suoi familiari è stata accettata da un tribunale. Ovviamente la decisione ha suscitato forti polemiche proprio perché la sentenza avrebbe aggirato la legge vigente nello stato americano: la giustificazione è stata che la donna era comunque morta. Adesso le associazioni pro life dichiarano che il caso in questione è anche il primo caso di aborto forzato contro la volontà della madre che sia stata applicato nel Texas. Questo perché, dicono, la donna non aveva mai espresso alcuna volontà di abortire, dunque si è proceduto forzatamente contro la sua volontà. Inoltre non si è tenuto minimamente in conto del dovere di cercare di salv are la vita della bambina che la signora Munoz portava in grembo. La famiglia a questo proposito ha dichiarato che una mancanza di ossigeno nell’assistenza medica, cosa peraltro non provata, aveva comunque danneggiato le funzioni vitali della bimba. Dunque l’accusa che viene fatta è questa: va bene, come prevede la legge, la possibilità di sospendere le funzioni vitali di una persona in stato vegetativ o e dichiarata morta legalmente da alcuni mesi, ma la bimba che portava dentro di sé era viva e aver in questo modo soppresso la vita della bimba è un caso di puro omicidio.

Fonte: Il Sussidiario

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