02/08/2016

Transgender incinte: lei, diventa lui... e poi partorisce

C’erano tre transgender: nate donne, “trasformatesi” in uomini... e poi rimaste incinte grazie alla fecondazione artificiale, ma sempre sotto mentita spoglia maschile.

Questa – che potrebbe essere usata come storiella per misurare il grado di capacità di analisi di situazioni complesse da parte delle persone – altro non è la sintesi di una notizia riportata dal Daily Mail, che sta animando il dibattito pubblico in Inghilterra in questi giorni.

La realtà delle persone transgender non sembra dunque più conoscere limiti di sorta. Nel 2008 (ossia già otto anni fa) il primo “uomo” a dare alla luce una bambina, Susan, era stato Thomas Beatie. Sul web si possono trovare diverse sue foto in stato avanzato di gravidanza, che per scelta noi non pubblicheremo.

Ora la sua “trovata” sta avendo ampio corso anche in Inghilterra, tanto che – scrive AdnKronos – oramai «sono decine i transgender che stanno congelando le loro uova nelle cliniche della fertilità prima di subire un intervento chirurgico o di sottoporsi a una terapia ormonale per cambiare sesso. [...] Lo scorso anno in Gran Bretagna sono stati 15 mila i transgender che si sono rivolti alle cliniche di fertilità, mentre i dati ufficiali mostrano un tasso di successo di un solo bambino per ogni 29 embrioni creati da ovuli congelati». Insomma, solo un bambino (di questo si tratta, non di “embrioni” o “grumi di cellule”) ogni ventinove vede la luce, mentre tutti gli altri vengono sacrificati nel nome dell’egoismo più sfrenato. Ma transgender “è bello”, va di moda, è politically correct, allora tutto è lecito.

E, mi raccomando, che nessuno provi a dire che queste persone transgender sentono il bisogno di avere un figlio perché sono donne e dunque l’istinto materno lo hanno scritto in ogni singola cellula del loro corpo, per quanto peloso e macho esso possa essere.

Intanto l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) sta lavorando per rimuovere l’identità transgender dalla sua lista globale di condizioni mediche, non considerandola più un disturbo mentale. «La modifica, finora approvata da ciascun comitato che la ha analizzata, è in fase di revisione per la prossima edizione del ‘W.H.O. codebook’, che appunto classifica le malattie e detta linee guida sul trattamento dei pazienti in tutto il mondo», e che dovrebbe uscire nel maggio del 2018.

In attesa che anche le rivendicazione delle persone transgender vengano dunque recepite a livello massivo e globale, meglio preparare il terreno (la strategia della cosiddetta “Finestra di Overton”) con qualche caso-limite come quello dei tre (finti)uomini incinti inglesi. E guai a dire che non è loro pieno diritto agire così, omofobi intransigenti!

Intanto noi ci domandiamo: chi spiegherà ai tre poveri bambini inglesi in questione che sono nati dalla pancia di papà? Forse dobbiamo aspettarci che a breve in tutti i libri – scolastici e non – che trattano l’argomento “nascita” venga inserita una noticina a piè pagina con la specifica: «I bambini nascono sempre da una donna, con la collaborazione di un uomo. Talvolta tuttavia la partoriente può avere sembianze maschili»?

Il becero non-senso di tutta questa storia si sconfessa da solo.

E, così facendo, il celeberrimo verso manzoniano «Ai posteri l’ardua sentenza» non ha più motivo d’essere: in parte perché il giudizio di condanna verso queste derive ideologiche dev’essere chiaro fin da subito; e in parte perché, a furia di giocare a fabbricare i bambini su misura senza tener conto della legge naturale, di “posteri” non ce ne saranno più...

Teresa Moro

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