24/12/2018

Trump nomina il pro life Mick Mulvaney capo dello staff pro tempore

Qualche giorno fa, il presidente americano, Donald Trump, ha ufficializzato la propria scelta per quanto riguarda il nuovo capo di gabinetto della Casa Bianca, che subentrerà in sostituzione del silurato generale John Kelly. Ebbene, la preferenza presidenziale è ricaduta su Mick Mulvaney, 51 anni, ex membro del Congresso della Carolina del Sud. Un incarico che Mulvaney ha accettato dopo che diverse personalità, come il governatore del New Jersey Chris Christie, l’avevano rifiutato. Tuttavia, il neo capo di gabinetto, riferiscono le cronache, pare abbia posto una condizione: quella di una carica ad interim, così da poter valutare le implicazioni dell’incarico ed eventualmente – secondo le indiscrezioni – tagliare tranquillamente la corda.

Stiamo naturalmente parlando di ipotesi. Di ufficiali e certe ci sono solo due cose: il fatto che Mulvaney si sia dichiarato «incredibilmente onorato» per essere stato scelto, e il fatto che la decisione di Trump sia ricaduta su una personalità indiscutibilmente pro life. Ma sì, proprio così: Mick Mulvaney è un convinto difensore del diritto alla vita. Tanto è vero che la notizia della sua nomina – anche se i grandi media hanno preferito non raccontarlo – ha immediatamente mandato su tutte le furie il fronte abortista, che si ricorda bene come il neo capo di gabinetto abbia sempre votato, in ogni occasione, a favore di provvedimenti per la vita nascente e come sul suo sito egli stesso ci tenga a definirsi, citiamo testualmente, «impegnato a promuovere una legislazione che protegga i non nati». Questi ed altri elementi fanno insomma capire come Mulvaney sia non solo un pro life, ma un pro life convinto.

Di qui la gioia degli antiabortisti statunitensi che, in questo passaggio, vedono l’ennesima conferma della linea valoriale che Trump, da subito, ha voluto imprimere al proprio mandato. A questo proposito, come scordare il fatto che il presidente Usa sia intervenuto coraggiosamente (cosa mai fatta da un inquilino della Casa Bianca) alla March for Life con un messaggio elogiante la vita e ogni «nuova madre che culla il suo meraviglioso, innocente, glorioso neonato nelle sue braccia amorose»? E come dimenticare, ancor prima, il passaggio del suo discorso d’insediamento con cui il neoeletto presidente affermava che, indipendentemente da dove nascano i bambini, a Detroit o nel Nebraska, tutti guardano lo stesso cielo stellato americano, e ricevono il respiro della vita dallo stesso Creatore Onnipotente?

Per non parlare, poi, dei tagli federali disposti, sulla scia di Ronald Reagan, sia alle cliniche che praticano l’interruzione di gravidanza, sia a quelle che forniscono consulenza alle pazienti, come quelle dell’ultra abortista Planned Parenthood. Né merita di essere dimenticata, anzi, la nomina alla Corte Suprema del giudice Brett Kavanaugh, noto pro life, cosa che ha scatenato una reazione degna di miglior causa, con l’improvvisa alluvione di accuse di molestie sessuali da parte di donne che hanno testimoniato contro Kavanaugh spesso e volentieri con ricostruzioni non verificate e resoconti contraddittori in più punti.

La senz’altro positiva nomina di Mick Mulvaney è dunque davvero solo l’ultima conferma del fatto che, per quanto bizzarro possa o potesse sembrare all’inizio, il presidente Trump – il quale per vice, giova ricordarlo, ha un pro life di ferro come Mike Pence – sta facendo davvero tutto quanto in suo potere per aiutare la cultura per la vita. Il che, considerando i mezzi economici e mediatici di cui gode una cultura abortista saldamente radicata anche nel mondo universitario e dei poteri forti, rappresenta qualcosa di più di una bella notizia, apparendo quasi un’insperata benedizione, per la quale i pro life di tutto il mondo debbono essere grati.

Giuliano Guzzo

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