13/07/2019

Usa, grande passo per la rinascita dei Diritti Umani inalienabili

Lo scorso 8 Luglio, il segretario di Stato Usa Mike Pompeo ha voluto dar seguito alla propria e importantissima decisione di istituire una Commissione di esperti che possano ispirare e fornire criteri di valutazione sui diritti umani, alla luce dei principi cardini dei Padri Fondatori americani, sulla politica estera e sulle iniziative diplomatiche internazionali dell’Amministrazione Trump. Una decisione storica, non da leggersi nell’ottica delle piccine polemiche sulle critiche (fondate) degli Stati Uniti contro le iniziative delle agenzie Onu e agli sprechi delle organizzazioni multilaterali. Ben altri e ben più importanti effetti potranno esplicitarsi grazie al team di primissimo livello che da questi giorni è chiamato a un delicato e cruciale compito: l’identificazione di quei diritti inalienabili che l’intera Amministrazione americana e il Dipartimento di Stato mai abbandoneranno e sempre sosterranno. La Commissione avrà un mandato di due anni e il suo lavoro potrà essere prorogato, come spiegato anche da Fox News.

In un editoriale pubblicato sul The Wall Street Journal, Pompeo aveva scritto della sua speranza che la commissione possa generare un dibattito sui diritti umani che si estenda oltre gli Stati Uniti, qualcosa di simile a quanto avvenuto nel 1947 con la Commissione per i diritti umani convocata dall’allora first lady Eleanor Roosevelt e che poi portò alla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948. Nel suo editoriale il Segretario di Stato Pompeo ha ricordato che «i membri della Commissione affronteranno le domande di base: quali sono le nostre libertà fondamentali? Perché le abbiamo? Chi o cosa garantisce questi diritti? Come facciamo a sapere se una rivendicazione dei diritti umani è vera? Cosa succede quando i diritti sono in conflitto? Dovrebbero certe categorie di diritti essere inestricabilmente “;collegate” ad altri diritti?».

Se tutto è un diritto, allora questo per definizione significa che stiamo svalutando l’importanza fondamentale dei diritti inalienabili, e questo è un tema cruciale per l’oggi e il domani di ciascuno di noi. «La difesa dei diritti umani ha perso il suo orientamento e diventa più un’industria che una bussola morale», ha scritto Pompeo. «Il discorso sui diritti è diventato un elemento costante del nostro discorso politico interno, e non senza alcun serio sforzo per distinguere cosa significano i diritti e da dove provengono».

Nella presentazione della Commissione fatta al Dipartimento di Stato lunedì scorso, Mike Pompeo è tornato sull’argomento ricordando che secondo «il grande ammiratore dell’esperimento americano Alex de Tocqueville, le democrazie hanno la tendenza a perdere di vista il quadro generale nel trambusto delle vicende quotidiane. Ogni tanto, dobbiamo fare un passo indietro e riflettere seriamente su dove siamo, dove siamo stati, e se siamo diretti nella giusta direzione, ed è per questo che sono lieto di annunciare oggi la formazione di una Commissione sui diritti inalienabili. La Commissione è composta da esperti in diritti umani, filosofi e attivisti, repubblicani, democratici e indipendenti con vari background e convinzioni, che mi forniranno consigli sui diritti umani basati sui principi fondanti della nostra nazione e sui principi della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948».

«Non dovremmo mai perdere di vista», ha proseguito Pompeo, «gli avvertimenti di Vaclav Havel, un eroe del movimento per i diritti umani del tardo XX secolo, che disse che parole come “;diritti” possono essere usate per il bene o per il male, “;Possono essere raggi di luce in un regno di oscurità .. [ma] possono anche essere frecce letali”. E come ha osservato il rabbino Jonathan Sacks, i mali di qualsiasi tempo e luogo saranno giustificati in qualunque sia il discorso dominante di quel tempo e di quel posto. Dobbiamo quindi essere vigili affinché il discorso sui diritti umani non sia corrotto, dirottato o usato per scopi dubbi o maligni. È un triste commento ai nostri tempi che oltre 70 anni dopo la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, violazioni gravi continuano in tutto il mondo, a volte persino nel nome dei diritti umani. Le istituzioni internazionali progettate e costruite per proteggere i diritti umani si sono allontanate dalla loro missione originale. Mentre le rivendicazioni sui diritti umani sono proliferate, alcune affermazioni si sono messe in tensione l’una con l’altra, provocando domande e scontri su quali diritti debbano ottenere rispetto. Stati nazionali e istituzioni internazionali rimangono confusi riguardo alle loro rispettive responsabilità in materia di diritti umani. Con questo sfondo e con tutto questo in mente, è il momento giusto per una revisione informata del ruolo dei diritti umani nella politica estera americana. E sono lieto di presentarvi», ha detto, «il presidente della commissione, la professoressa Mary Ann Glendon, docente di giurisprudenza della Harvard Law School. Mary Ann è un’autrice di fama mondiale, amata professoressa, esperta in materia di diritti umani, diritto comparato e teoria politica. È la persona perfetta per presiedere questo sforzo. Sono anche orgoglioso di annunciare oggi gli altri membri della commissione. Tra questi Russell Berman, Peter Berkowitz, Paolo Carozza, Hamza Yusuf Hanson, Jacqueline Rivers, Meir Soloveichik, Katrina Lantos Swett, Christopher Tollefsen e David Tse-Chien Pan».

I membri, secondo Pompeo, forniranno gli spunti culturali e intellettuali «per quello che spero sarà uno dei più profondi riesami dei diritti inalienabili nel mondo dalla Dichiarazione Universale del 1948».

Una pietra miliare è stata posta. Una fonte di orgoglio, inoltre, arriva dalla presenza nel team di esperti del nativo italiano Paolo Carrozza. La novità americana avrà effetti imponenti, non solo nel dibattito accademico, ma anche nella politica e nella auto-coscienza delle relazioni internazionali. Siamo in trepida attesa, fiduciosi e carichi di speranze.

Grazie Usa, grazie Pompeo.

Luca Volontè

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