10/03/2016

Utero in affitto vietato, legge entro l’anno. La sorpresa svedese

Questa settimana la Svezia si è espressa in maniera ferma contro l’utero in affitto.

Forse sull’onda delle proteste delle femministe, nelle conclusioni di un’inchiesta governativa sul tema si può leggere l’invito ad approvare – al massimo entro l’anno – una legge che vieti qualsiasi forma di maternità surrogata, a pagamento o ‘su donazione’ (sic!) non importa.

Il fatto sorprende, perché la Svezia non è certo un Paese restrittivo, anzi: l’ideologia gender ha trovato ampia diffusione (si pensi non solo all’asilo Egalia, dove ha vinto il ‘neutro’ , ma anche al linguaggio che si è ‘arricchito’ (?) del pronome neutro), così come il transgenderismo, tanto da permettere ai ragazzini dodicenni di scegliere “liberamente” se vogliono ‘cambiare’ sesso; inoltre, è molto sentito il problema della discriminazione ingiusta dei pedofili e continua a crescere la preoccupazione rispetto all’obiezione di coscienza, che va limitata.

Sul tema dell’utero in affitto, però, la Svezia c’è. Tale pratica va vietata, senza se e senza ma.

Riportiamo di seguito il commento, pubblicato da Matchman News, di Luca Volontè rispetto a questa decisione.

Ho imparato dalla mia povera esperienza di vita che non avere pregiudizi, né preconcetti su persone e nazioni rende molto più affascinante vivere nella realtà. Non ho mai amato l’idea di una Svezia maestra di diritti, né modello da rincorrere. Tuttavia, nelle ultime settimane, almeno su una cosa la Svezia e il suo variopinto e contraddittorio Governo hanno ragione: metter al bando (subito, senza ‘se’ e senza ‘ma’) l’utero in affito. Certo non credo alle favole, credo che il mondo femminista svedese abbia, non sulla carta né per la sola brama di apparire, ma nella realtà ingaggiato una seria guerra contro la nuova schiavitù e commercio umano dell’utero in affitto.

Questa settimana, la Svezia ha preso una posizione ferma contro la maternità surrogata. L’inchiesta governativa sulla maternità surrogata è stata pubblicata e nelle sue conclusioni c’è l’invito fermissimo di approvare una legge che vieti l’utero in affitto entro (al massimo) la fine dell’anno. Questi includono il divieto per tutti di tutti i tipi di maternità surrogata, quella commerciale nonché ‘altruistica’, prevedendo stringenti misure per impedire e punire i cittadini che vanno all’estero per queste tecniche.

Questa è una decisione innovativa, un vero e proprio passo in avanti per il movimento delle donne. In precedenza, lo scorso mese di febbraio, le attiviste femministe e le associazioni per i diritti umani di tutto il mondo si erano incontrati a Parigi per firmare la carta contro la maternità surrogata, dopo che il Parlamento Eu aveva fortemente invitato i paesi membri a vietarla.

Da quando l’industria della maternità surrogata commerciale ha è iniziata, alla fine del 1970, è stata inondata di scandali, sfruttamenti e abusi. Dal caso famigerato di “Baby M” – in cui la madre cambiò idea e fu costretto, in lacrime, a consegnare il suo bambino – al miliardario giapponese che aveva ordinato 16 bambini, provenienti da diverse cliniche tailandesi.

Il caso recente della madre surrogata americana che è morta, o gli aspiranti genitori che si sono rifiutati di accettare un figlio disabile e hanno cercato di forzare la madre surrogata ad abortire; per non parlare delle fabbriche dei bambini in alcuni paesi asiatici.

bio-market_business_utero-in-affittoPer salvare la maternità surrogata da accuse di di sfruttamento, riduzione in schiavitù, commercio umano, alcuni ricorrono alla idea della cosiddetta maternità surrogata “altruistica”. Se non viene pagata la madre, non c’è sfruttamento in corso. Forse lei sta affittando il suo utero per un amico, una figlia o una sorella. In Italia la giovane e dimenticata dipendente Rai, già valletta nelle trasmissioni di Santoro, Giulia Innocenzi ha espresso recentemente la medesima disponibilità generosa.

L’indagine svedese però confuta questa tesi. Non vi è alcuna prova, dice l’indagine, che la legalizzazione della maternità surrogata di tipo “altruistico”, impedirebbe quella commerciale, anzi!  L’esperienza internazionale mostra il contrario – i cittadini di paesi come gli Stati Uniti o la Gran Bretagna, dove la pratica della maternità surrogata è molto diffusa, sono la maggioranza degli acquirenti stranieri di bambini in India e Nepal.

In realtà, la maternità surrogata altruistica significa che la donna passa esattamente attraverso le stesse forme di schiavismo della commerciale, senza ricevere (molto teoricamente)  nulla in cambio. Esige dalla donna di portare un bambino per nove mesi e la obbliga a darlo via.

India e Thailandia non vogliono che i loro cittadini di sesso femminile diventino fabbriche di bambini per i ricchi del mondo. Ora è il momento per l’Europa di assumersi le proprie responsabilità. Noi siamo i compratori i maggiori acquirenti e sosteniamo questo mercato ‘inumano’ di donne e bambini, dobbiamo dimostrare di saperlo fermare prima che sia troppo tardi.

Redazione

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