04/05/2018

Veglie pro life: l’esperienza di una donna

«L’immagine pubblica delle veglie pro vita sembra essere piuttosto consolidata: i bigotti religiosi molestano le donne vulnerabili nelle cliniche per aborti, impedendo loro di ottenere i servizi di cui hanno bisogno», spiega una giovane donna riportando quanto dice la gente comune su questo tipo di attività.

La sua esperienza, però, fu diversa. La ragazza che ci parla, infatti, non era tra coloro che organizzavano la veglia e che magari potrebbe essere considerata “di parte”, ma stava in quella clinica per tutt’altra ragione... Un articolo di Catholic Herald riporta la sua testimonianza.

«Il ricordo è vivido e ancora doloroso», spiega la donna, «Il padre del bambino non mi avrebbe incontrato per parlare della gravidanza. Si rifiutò di accettare qualsiasi responsabilità, dicendo che non avrebbe trascorso una “sola ora” con il bambino, se fosse nato. Tutti quelli a cui l’ho detto mi hanno incoraggiata a farlo (abortire) per mantenere il mio lavoro. Anche il mio migliore amico [...] Non volevo farlo, ma nessuno mi ha dato una scelta. Anche quelli che si definiscono “pro-choice”, i manifestanti che sostengono le cliniche per aborti, non mi hanno offerto aiuto. Sembrano solo proteggere le persone mentre vanno in clinica».

Ma in questo panorama desolante, qualcuno era lì per lei: i classici “bigotti” delle veglie per la vita. Se ne vedono a volte in giro, sui marciapiedi davanti alle cliniche che praticano aborti. Qualcuno prega durante lo sterminio degli innocenti, altri riescono a parlare con qualche donna prima che sia troppo tardi per il piccolo, altri che offrono loro aiuto concreto.

Così è stato anche per lei, spiega la giovane: «Le sole persone disposte e in grado di aiutare erano membri della veglia per la vita. Mi hanno offerto un opuscolo durante il mio appuntamento e mi hanno detto che potevano aiutarmi. [...] Dopo alcuni giorni di angoscia, ho deciso di vedere cosa potevano fare [...] alloggio, abbigliamento, cibo e supporto morale e spirituale sono stati forniti a seconda del necessario. [...] Il mio bambino è vivo oggi a causa di questi “bigotti”. Devo loro l’amore della mia vita, la ragione della mia esistenza. E la mia storia è tutt’altro che unica. Negli ultimi dieci anni, più di 500 donne hanno deciso di non procedere con il loro proposito di abortire solo a Ealing. Perché? Perché qualcuno era lì per offrire loro aiuto».

Insomma, cosa volere di più? Eppure a volte chi fa del bene alla donna dà più fastidio di chi la spinge fra i traumi post aborto. Il Consiglio comunale di Ealing ha appena imposto un ordine di protezione dello spazio pubblico intorno alla clinica abortista locale. Questo renderà un reato  offrire volantini, pregare in qualsiasi modo o dissuadere una donna che sta per abortire. Alla faccia della libertà di scelta, si è “libere” solo di abortire!

È per questo che la donna conclude, dicendo «Li supplico di ascoltare le storie di donne come me».

Luca Scalise

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