24/04/2016

Vita che vince la morte: la storia del piccolo Wojtus

Se l’eutanasia è indiscutibilmente un delitto, anche l’accanimento terapeutico per tenere in vita una persona oggettivamente morta è moralmente deprecabile e contro natura.

Il fatto però che con la scienza e la tecnica si possa tenere artificialmente in vita un corpo altrimenti morto – per quanto tragico e inquietante – può servire a salvare la vita di qualcun altro.

National Right to Life News ha pubblicato una vicenda  avvenuta recentemente in Polonia, tanto straordinaria che alcuni pensano sia stato un miracolo (...il miracolo della vita...).

“Baby Wojtus” è nato due mesi dopo che la madre è stata dichiarata cerebralmente morta: il bambino gode di buona salute ed è stato recentemente dimesso dall’ospedale universitario della città di Wroclaw.

Il Daily Mail spiega che è il sedicesimo bambino al mondo ad essere nato in circostanze tali, perché il fatto che la vita vince la morte non è uno slogan religioso, ma una realtà concreta. Certi episodi servono a dare speranza in un mondo che a volte sembra sopraffatto dalla cultura della morte.

La mamma di Wojtus, 41 anni, aveva un tumore al cervello col quale conviveva da dieci anni. Poi all’improvviso il male ha prevalso: la donna era incinta. I medici sono stati in grado di stabilizzare i suoi organi vitali prima della morte del feto: l’hanno collegata ad un respiratore e alimentata artificialmente. Per via endovenosa ha assunto farmaci per combattere le infezioni e stabilizzare la pressione sanguigna.

Wojtus è nato il 9 gennaio, 55 giorni dopo che la madre era morta, e pesava solo 1 kg: la gravidanza era durata 27 settimane. Poco dopo la nascita del bambino, il supporto della madre è stato staccato.

Barbara Krolak-Olejnik, capo del reparto di neonatologia all’ospedale di Wroclaw, ha detto alla BBC che è stata fondamentale la partecipazione di tutta la famiglia, che si è data da fare per salvare il bambino.

Secondo i media locali, il padre di Wojtus, per esempio, ha vissuto in ospedale accanto al corpo della moglie per tutto il tempo.

Si è poi dedicato con tutto il cuore alla riabilitazione del bambino, che è durata circa 3 mesi.

Redazione


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