24/10/2017

Ai bambini servono mamma e papà, pena la depressione

Cominciano ad avere un discreto eco mediatico i risultati degli studi di Paul Sullins che hanno affossato – e da tempo – la teoria della “non differenza” per i bambini nell’essere allevati da un padre e una madre o da due persone omosessuali.

I bambini hanno bisogno di un padre e una madre: a venir su con due uomini gay o due donne lesbiche si è più inclini alla depressione. 

E’ una di quelle cose che basterebbe il buon senso comune per definirla e chiudere immediatamente la questione delle adozioni gay et similia. Ma poiché ormai il buon senso comune è stato offuscato dall‘ideologia gender, dall’omosessualismo e dal nichilismo – che sono un po’ tutte intrecciate l’una con l’altra e con radici comuni – allora c’è bisogno della “ricerca scientifica”.

Ebbene, Sullins da tempo, come abbiamo fatto notare, aveva scientificamente sbugiardato le “ricerche scientifiche” farlocche che desumevano la “non differenza” tra una famiglia vera e una convivenza omo con bambini.

Serve una premessa, però: molti, nello spiegare la questione, parlano di figli di coppie etero raffrontandoli ai “figli” di coppie omo. Riteniamo errato, pregiudizievole e deviante questo modo di esporre: i figli provengono sempre da un padre maschio e una madre femmina. Da due ovuli o due spermatozoi non nasce proprio un bel niente. Perciò, laddove si dice “figli di coppie omosessuali” sono d’obbligo le virgolette su “figli”, oppure bisogna parlare più genericamente di “bambini”.

Elena Canzi, psicologa e docente all’Università Cattolica di Milano, ha pubblicato recentemente un testo, edito da Vita e Pensiero, che presenta gli studi di Paul Sullins: Omogenitorialità, filiazione e dintorni – Un’analisi critica delle ricerche.

La presentazione è di Eugenia Scabini e Vittorio Cigoli, illustri studiosi di psicologia della famiglia.

Rodolfo Casadei, su Tempi, riassume molto chiaramente quali sono le critiche di ordine scientifico e statistico che stroncano la teoria che per i bambini non c’è “nessuna differenza”. Rimandiamo al link indicato in basso chi volesse approfondire questo aspetto.

Invece, qui riportiamo rapidamente le altre conclusioni della ricerca: le indagini statistiche più attendibili rivelano che «i figli in situazioni omogenitoriali hanno più problemi di quelli i cui genitori sono un uomo e una donna che vivono insieme»; hanno maggiori problemi emotivi di natura clinica, disabilità dello sviluppo (disturbo da deficit dell’attenzione, ecc),e «all’età media di 28 anni i “figli” di coppie omosessuali mostrano maggiore rischio di sviluppare sintomatologia depressiva: l’incidenza dei sintomi depressivi nel gruppo di bambini di coppie omosessuali cresce in modo esponenziale, dal 18 per cento nell’adolescenza al 51 per cento in età adulta, mentre l’incidenza nel gruppo di figli di coppie eterosessuali diminuisce nel tempo di 2 punti percentuali con un valore totale in età adulta pari al 20 per cento».

Un altro dato inquietante è che « l’abuso sessuale infantile è molto più frequente fra le coppie lesbiche e i loro bambini». Sempre su Tempi potete approfondire le percentuali statistiche di incidenza degli abusi nelle convivenze gay. I dati cambiano, a seconda che si tratti di bambini o di bambine... ma su questi dettagli numerici non ci sembra il caso di insistere in questa sede.

La natura, la scienza e lo studio della psiche (dal momento che il buon senso non basta) convergono inequivocabilmente sul fatto che per i bambini essere allevati da genitori dello stesso sesso non è come esserlo da genitori di sesso opposto e che questa complementarietà stabilita dalla natura stessa non è un dato trascurabile per la buona crescita e la serenità mentale dei bambini.

Redazione

Fonte: Tempi.it


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