20/01/2018

AIGOC: l’aborto ha ucciso 50 milioni di italiani, in 40 anni

Pubblichiamo il comunicato stampa dell’AIGOC, con i commenti sulla Relazione Ministeriale della Sanità sulla legge 194/78 che ha legalizzato l’aborto.

aborto_criptoabortiL’Associazione rileva che «nei suoi primi 40 anni, la legge 194 del ’78, legalizzando l’aborto, ha prodotto ufficialmente la morte cruenta di quasi sei milioni di esseri umani innocenti (5.830.930, fino al 31/12/ 2016) e quella occulta(ta) di almeno altri 50 milioni di morti», calcolando anche le vittime della cd. “contraccezione di emergenza”, in base al tasso di fecondità media, i nati vivi e il tasso di abortività delle donne in età fertile. La tabella a fianco riassume i dati del conteggio fatto per il 2016 e il 2015, senza contare gli aborti legati alla minipillola e alla pillola progestinica depotenziata.


L’annuale relazione del Ministro della Salute sull’applicazione della legge 194/1978 al Parlamento nell’anno 2016 è stata resa pubblica il 13 gennaio u.s. a Camere già sciolte a dimostrazione del fatto che essa è più un atto formale dovuto per legge, che un vero strumento di riflessione offerto ai Parlamentari per avere chiaro lo stato di degrado culturale e morale prodotto dalla legge 194 nei suoi primi 40 anni di applicazione.

Nelle sue 129 pagine, mai è stato fatto cenno alle prime vittime di questa legge, cioè ai 5.830.930 embrioni/feti umani (bambini) uccisi, né alle altre vittime di questa mortifera legge, cioè le donne stesse che abortiscono, i loro mariti/partner, i loro figli già nati, i nonni, che in gran parte vanno incontro a complicanze psichiche di cui il ministero e le strutture sanitarie territoriali continuano a non prendersi cura.

L’aborto volontario è un mezzo di controllo delle nascite

Nella relazione come un mantra viene più volte ripetuto (2 volte nella presentazione del Ministro a pag. 7 e 9) che “non è mai stato un mezzo di controllo delle nascite”, ma alcune affermazioni (“la separazione sempre più netta fra sessualità e procreazione aumenta il tempo che intercorre fra l’inizio dell’attività sessuale e la nascita del primo figlio: è questo un periodo in cui le gravidanze sono spesso indesiderate”, pag. 7) ed i dati contenuti nella stessa relazione mostrano l’esatto contrario.

Nella tabella 2, sotto riportata, possiamo notare come il tasso maggiore di abortività volontaria, nettamente superiore a quello totale (6,5/1.000 donne in età fertile) si registri nelle classi di età comprese tra i 20 ed i 34 anni con il massimo nel gruppo di età 25-29 anni, cioè nelle donne che si trovano nella situazione sopra descritta. Se a questo dato aggiungiamo che il 54,8% (il 57,8% delle italiane!) delle donne che hanno abortito nel 2016 sono nubili, che il 39,4% non ha alcun figlio e che il tasso di fecondità totale (tft) sia sceso a 1,34 figli/donna (1,26/donna italiana e 1,97 per donna straniera) e che l’età media del primo parto nelle italiane è 32,4 anni (28,7 nelle straniere), abbiamo tutti gli elementi necessari per comprendere che l’aborto volontario entro i 90 giorni è usato come mezzo per il controllo delle nascite.

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Il fatto che il tasso di abortività nelle minorenni sia basso (3,1/1.000 donne) – oggetto di nostre riflessioni in precedenti comunicati – nella stessa relazione viene associato al maggiore utilizzo delle pillole del/i giorno/i dopo, che nel 2016 – dopo la liberalizzazione della vendita senza ricetta medica – hanno raggiunto le 404.121 confezioni (pag. 13) secondo il Ministero della Salute, 455.140 secondo altre fonti (200.507 di ellaOne fino al 31 ottobre secondo i dati forniti da Federfarma e HRA Pharma al Corriere della Sera, 27 marzo 2017 Simona Ravizza), per cui sommando al tasso di abortività volontaria registrato quello delle pillole da loro utilizzate si passa dal 4,6‰al 26,63‰!

Aborto volontario tardivo (eugenetico)

La costante crescita degli aborti volontari oltre i 90 giorni, che nel 2016 sono diventati 4.432 (5,3 % di tutti gli aborti, cioè si sono più che decuplicati rispetto allo 0,5% del 1981), cifra sottostimata perché in 2.356 casi (2,8%) l’epoca gestazionale non è stata rilevata ed in Sardegna (23,2%), Basilicata (18,8%), Umbria (16,6%) e Puglia (10,6%) in una percentuale nettamente superiore a quella nazionale, dovrebbe destare in tutti viva preoccupazione.

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Il fatto che siano stati fatti 2.942 aborti oltre la sedicesima settimana e di questi 1.016 dopo la 21 settimana e che queste gravidanze inizialmente desiderate vengono interrotte dopo diagnosi prenatale, cui sempre di più si sottopongono le gravide anche su spinta difensiva degli ostetrici, è un segno evidente della cultura dello “scarto”, che si è radicata nella nostra società e di cui è figlia anche la legge sulle DAT recentemente approvata dal Parlamento.
Anche di fronte a queste drammatiche situazioni molto spesso non viene prospettata ai genitori la possibilità di essere aiutati a vivere queste difficili gravidanze da Associazioni di Famiglie (Il Cuore in una goccia; la Quercia millenaria,..), che hanno già vissuto queste esperienze e che possono testimoniare che la scelta dell’aborto volontario non è la vera soluzione perché il dopo aborto può essere più drammatico a causa delle già citate conseguenze psichiche.

Certificati di urgenza

Il numero di aborti volontari fatti in regime di urgenza 14.418 (17,8% di tutti gli aborti volontari) cui si aggiungono i 3.985 dati Non Rilevati (4,6%), che in alcune regioni come la Puglia raggiungono il 34,1% (2.542) ed il 7,1% (1.006) in Lombardia, ci sembra molto elevato ed inaccettabile e quanto viene affermato nella relazione per giustificarlo in parte, cioè per rendere possibile l’aborto farmacologico entro i 49 giorni, rappresenta un’interpretazione utilitaristica, strumentale ed in contrasto con l’art. 5 della legge 194/1978, che prevede una pausa di riflessione di 7 giorni dopo il rilascio del certificato. Invocare come motivo d’urgenza il poter fare l’aborto medico invece di quello chirurgico non è certamente finalizzato al bene della donna visti i maggiori rischi cui è esposta se non resta ricoverata fino alla completa espulsione dell’embrione e degli annessi ovulari! Il Ministero dovrebbe comunque indagare e prendere provvedimenti.

Prevenzione dell’aborto volontario

Per i motivi più volte esposti non è la contraccezione la via per prevenire l’aborto volontario, come dimostrano chiaramente le esperienze di Paesi ad altissima diffusione della contraccezione e come di recente evidenziato: il 24% (circa 15.000) delle 60.952 donne che si sono rivolte per abortire nel 2016 al British Pregnancy Advisory Service (Bpas), che riunisce circa 40 cliniche inglesi e che fornisce informazioni sulla “salute sessuale” e assistenza alle donne che decidono di abortire, usavano contraccettivi ormonali o IUD, ritenuti i più efficaci contraccettivi, e che oltre il 51% di queste donne usavano un contraccettivo. (Women cannot control fertility through contraception alone, says British Pregnancy Advisory Service,  The Farmaceyutical Journal/11 JUL 2017).

Solo un’educazione all’amore fecondo e responsabile ed al rispetto della vita umana dal concepimento alla morte naturale assieme alla conoscenza della fertilità della donna offerta dai Metodi Naturali di Regolazione della Fertilità possono ricreare una cultura della vita e sciogliere il gelo, che ci sta conducendo al suicidio demografico.

AIGOC – Associazione Italiana Ginecologi e Ostetrici Cattolici


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