04/12/2014

Alcuni rischi della fecondazione artificiale

La fecondazione artificiale nuoce gravemente alla salute delle donne. Ad essa è spesso connessa una nuova schiavitù: l’utero in affitto.

Proponiamo ai nostri lettori questo articolo pubblicato sul mensile Notizie Pro Vita, che meritava di essere letto e merita di non essere dimenticato.

Se l’aborto è una tematica poco conosciuta, benché in fondo assai semplice (basterebbe guardare un’ecografia), ancora più ignorato è un grande problema connesso alla fecondazione artificiale o procreazione medicalmente assistita (Pma). E’ solo  dei tanti problemi insiti in queste pratiche manipolatorie della vita umana: quello che riguarda più direttamente la salute fisico-psichica delle donne.

Ogni ciclo di Pma richiede una procedura preliminare assai invasiva che si chiama iperstimolazione ovarica (praticata direttamente sulla paziente oppure su donne che vendono i loro ovuli ad altre). Ebbene l’iperstimolazione ovarica porta con sé rischi pesantissimi: cancri al seno, all’ovaio e all’endometrio, infertilità futura, emorragie, ictus, infarti, paralisi e morte (“Assessing the medical risks of human oocytedonation. From stem cell research”, L.Giudice, E. Santa and R. Pool eds, Washington, D.C., National Academy of science, 2007; Tempi, 8/9/2011).

Negli Usa per denunciare questo fatto, solitamente occultato, è stato girato un documentario, intitolato “Eggsploitation”, visibile anche in rete, in cui alcune donne raccontano il calvario subito. Anche il più famoso esperto italiano di Pma, Carlo Flamigni, ammette che l’iperstimolazione può essere “pericolosa persino per la vita”: infatti “l’ovaio cresce in modo anomalo fino a raggiungere un volume pari a quello di un grosso melone. Successivamente, e soprattutto se l’iperstimolazione è grave, si forma un’ascite e compaiono raccolte di liquido nelle cavità pleuriche e nel pericardio. Il sangue si ispessisce e perde proteine e la funzionalità renale diminuisce pericolosamente. A causa di grossolane anomalie della coagulazione si possono determinare trombosi e tromboflebiti, talché esiste addirittura un rischio di vita nei casi più sfortunati” (“La procreazione assistita”, il Mulino, Bologna, 2002).

Accanto ai rischi connessi dell’iperstimolazione, possiamo citare quelli legati alla pratica mercantile, sempre più diffusa, dell’utero in affitto: si tratta di una nuova forma di schiavitù, dal momento che spesso sono donne povere, di colore o di paesi poveri e del Terzo Mondo che portano in grembo “i figli prevalentemente bianchi della procreazione assistita”. Già nel 1995 “i quotidiani polacchi, tacitamente, sollecitavano le donne a fare da surrogate per coppie olandesi, belghe e tedesche. Il compenso era più o meno l’equivalente di due anni di salario in Polonia”. Quanti casi? Si parla di 1210 tentativi di locazione di utero negli Usa soltanto nel 2000, il doppio rispetto a tre anni prima.

Poiché la fecondazione artificiale ha reso possibili i cosiddetti “matrimoni gay”, accade anche che in molti paesi dell’Occidente due uomini comperino degli ovuli presso le banche degli ovuli e affittino un utero, per produrre un bambino (che non vedrà mai la mamma biologica, verrà separato dalla madre gestazionale né avrà mai una mamma affettiva!). Con l’aumento delle nozze gay, dunque, crescono i bambini nati nell’utero, per lo più, di povere donne, sfruttate cinicamente da cliniche perverse. In paesi come l’India queste donne, talora vedove, disperate, affittano il proprio utero (a gay, singles, ecc ….) anche più volte nella vita; godono di pochissimi diritti (firmano una liberatoria che solleva la clinica da qualsiasi responsabilità in caso di problemi) mettono talora a repentaglio la propria vita; non di rado compromettono anche quella del nascituro, verso il quale, non essendo loro figlio, non hanno sempre le precauzioni necessarie … Nella sola India l’industria degli uteri affittati fattura 2 milioni di euro l’anno. (Il Foglio, 3/7/2012; portale BioEdge, 26/5/2012).

Francesco Agnoli

Tratto da NotizieProVita n.9 – Novembre 2012 – pag. 19

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