26/07/2019

Campagna contro l’odio in rete. Ma si usano due pesi e due misure

L’odio in rete «ha i giorni contati». Ne sono convinte l’avvocata e attivista per i diritti Lgbtq, Cathy La Torre, dello studio legale WildSide Human First e la scrittrice e filosofa Maura Gancitano, fondatrice di Tlon che sul web hanno lanciato #odiareticosta, la campagna «per contenere l’odio in rete».

In sostanza con questo hashtag si potranno “segnalare” e “denunciare” i commenti considerati pieni di odio e quindi passare ad una citazione in giudizio affinché chi posta questi commenti possa pagare di tasca propria. Una campagna che vorrebbe contrastare i commenti negativi contro le persone dello stesso sesso, ma anche per esempio le critiche al capitano della Sea Watch Carola Rackete.

Un’iniziativa che, però, potrebbe apparire un “di più” rispetto agli strumenti legali che già la giurisprudenza mette a disposizione di qualsiasi persona che può, giustamente, denunciare alle autorità competenti qualsiasi tipo di insulto, commento negativo, frase discriminatoria, intimidatoria o diffamatoria. In più potrebbe essere uno strumento a senso unico, volto a denunciare e far emergere soltanto i commenti negativi verso alcune persone o fazioni politiche e non altre.

A tal proposito qualche giorno fa un collaboratore di Cathy La Torre ha postato un commento che poteva essere interpretato come negativo e discriminatorio verso gli uomini (in particolare bianchi ed etero). Il vice presidente di Pro Vita & Famiglia Jacopo Coghe ha commentato su twitter a La Torre facendole notare che si tratterebbe a tutti gli effetti di un caso da denunciare proprio con l’hashtag #odiareticosta. La risposta ricevuta da Coghe è stato un glissare sul commento di questo collaboratore e sottolineare che invece sarebbe stato denunciato un sacco di volte il movimento Pro Vita.

L’ulteriore commento di Jacopo Coghe potrebbe essere la quadratura del cerchio dei dubbi che questa campagna fa emergere. E se nel denunciare i commenti negativi venissero usati due pesi e due misure? Alla fine chi pagherebbe e chi no per l’odio social?

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