03/09/2018

Cannabis “light” a Verona? No, grazie. E vi spiego perché

Il Consigliere comunale di Verona Alberto Zelger ha presentato oggi una proposta di delibera per arginare la diffusione della cosiddetta cannabis light che – come abbiamo più volte visto – leggera non è affatto.

Sarebbe auspicabile un intervento del Ministro della Salute. E, nelle more, che altri Comuni virtuosi seguano l’esempio di Verona.

Con obiettivo analogo alla proposta di Zelger, il 26 agosto scorso, il Ministro Salvini ha messo a punto un progetto straordinario per il contrasto della droga nelle scuole (Scuole sicure), che prevede lo stanziamento di 2,5 milioni per i Comuni con più di 200.000 abitanti, fra i quali anche Verona:  Sarebbe strano se da un lato cercassimo di evitare che i giovani si droghino e dall’altro non facessimo nulla per impedire che si “facciano le canne”.  

Anche il consiglio regionale del Veneto si è mosso sullo stesso filone con la mozione n. 358 – STOP ALLA VENDITA DI CANNABIS LIGHT: IL GOVERNO INTERVENGA AL PIU’ PRESTO, presentata il 4 luglio scorso. 

Scrive Zelger: «La legge 2 dicembre 2016 n. 242 ha liberalizzato la coltivazione della canapa proveniente da semi certificati, con un contenuto massimo di tetraidrocannabinolo (THC) pari allo 0,2% e senza alcun limite al contenuto percentuale di cannabidiolo (CBD): un’altra sostanza farmacologicamente attiva, tuttora oggetto di sperimentazioni, che in vari paesi europei viene venduto solo da farmacie autorizzate. In precedenza, la legge sulla disciplina degli stupefacenti n. 685/1975 vietava di fatto la coltivazione della canapa, che in passato era invece molto usata per la fabbricazione di corde, vele, e tessuti resistenti.
La legge 242/2016 fissa alcune destinazioni d’uso per la cannabis: alimenti e cosmetici, semilavorati per applicazioni industriali, prodotti per la bio-edilizia, e così via. Manca invece ogni riferimento alla possibilità di vendere le infiorescenze della cannabis per essere fumate (uso ricreativo), anche perché tale attività sarebbe apertamente in contrasto con le leggi sanitarie.

In assenza di un esplicito divieto alla vendita di cannabis come deodorante per ambienti o come articolo da collezione, sono spuntati in tutta Italia diversi punti di vendita di questo prodotto, il cui giro d’affari in Italia è stimato intorno ai 40 milioni e sta crescendo proprio in presenza di un vuoto normativo.
La diffusione di questi negozi anche nella nostra città desta molte preoccupazioni per una serie di motivi, evidenziati anche dal parere del Consiglio Superiore di Sanità, espresso il 10 aprile 2018, che dichiara fra l’altro:
– la vendita e il successivo consumo di tali preparati avvengono con modalità che non permettono di escludere un’assunzione in quantità significative da un punto di vista psicotropo e stupefacente, dei principi attivi e in particolare di THC;
la pericolosità dei prodotti contenenti o costituiti da infiorescenze di canapa, in cui viene indicata la presenza di cannabis o cannabis light o cannabis leggera non può essere esclusa per i motivi di seguito riportati (ne elenchiamo solo alcuni):

x- per le caratteristiche farmacocinetiche e chimico fisiche, THC e altri principi attivi, inalati o assunti con le infiorescenze di Cannabis, possono penetrare e accumularsi nel cervello;
x- tale consumo avviene al di fuori di ogni possibilità di controllo della quantità assunta e quindi degli effetti psicotropi che questa può produrre a breve e a lungo termine;
x-  non è stato valutato il rischio connesso al consumo di tali prodotti in relazione a specifiche condizioni, quali: età, patologie, gravidanza/allattamento, interazioni con farmaci, effetti sullo stato di attenzione, ecc., così da evitare che l’assunzione percepita come sicura si traduca in un danno per se stessi o per altri (feto, neonato, guida in stato di alterazione).
– il Consiglio Superiore di Sanità raccomanda infine che, nell’interesse della salute individuale e pubblica, e in applicazione del principio di precauzione, siano attivate misure atte a non consentire la libera vendita di tali prodotti.

Alle considerazioni sopra esposte bisogna aggiungere il fatto che spesso il consumo di cannabis porta all’uso di droghe ancora più pesanti; lo sanno bene le comunità di recupero dei tossicodipendenti, che nella quasi totalità hanno iniziato a drogarsi cominciando a fumare spinelli. Ciò è dimostrato anche da uno studio su 34.000 adulti, pubblicato sulla prestigiosa rivista JAMA Psychiatry dell’American Medical Association, che evidenzia un rischio 6 volte maggiore di passare ad altre droghe tra le persone che usano cannabis rispetto a quelli che non la utilizzano.
A chi sostiene che l’alcol, che non è vietato, farebbe più male della cannabis, possiamo ricordare un’altra ricerca sui consumatori moderati di alcol e sui non consumatori, pubblicata sul British Medical Journal, dalla quale risulta che il consumo moderato di alcol è associato a un minor rischio di malattie cardiovascolari (seppur non tutte) rispetto a chi non ne fa uso. Al contrario, un’altra indagine dell’American College of Cardiology ha dimostrato che il solo utilizzo regolare di cannabis, seppur moderato, non porta soltanto a complicanze polmonari e psichiatriche, ma anche cardiovascolari, in particolare ictus e scompensi cardiaci; mentre per i consumatori under 21 i rischi sono ancora maggiori, come evidenzia un’altra ricerca della Concordia University: deterioramento cognitivo, perdita di memoria, diminuzione del Quoziente d’Intelligenza, limitato successo formativo e probabilità di sviluppare malattie mentali. Inoltre è dimostrato che il consumo di marijuana moltiplica gli effetti negativi dell’abuso di alcol.

Un’ultima osservazione riguarda l’aumento del consumo di marijuana, che è comunque da scoraggiare per i motivi sopra esposti, dovuto alla maggiore disponibilità causata dalla legalizzazione. Il fenomeno è stato rilevato in Olanda, dove con la legalizzazione dellavendita di marijuana, il consumo tra 18-20enni dal 1984 al 1996 è passato dal 15% al 44%, e ancor più da un’analisi condotta negli Stati Uniti, che ha messo a confronto gli stati in cui la cannabis è stata legalizzata con quelli in cui non è stata legalizzata. Nei primi si riscontra un forte incremento non solo del consumo, ma anche degli accessi al pronto soccorso per problemi collegati all’uso della cannabis.

È chiaro inoltre che la vendita della cannabis quale deodorante per ambienti o articolo da collezione è un espediente, che da un lato permette al compratore di fumare marijuana scavalcando la legge sugli stupefacenti e dall’altro lancia un pericoloso messaggio ai giovani facendo loro credere che non c’è alcun rischio (se la legge lo consente, significa che non fa male), mentre sono proprio loro i più vulnerabili per via dell’accumulo di THC nel cervello non ancora completamente sviluppato.

Purtroppo anche a Verona sono stati aperti diversi punti vendita della cannabis, alcuni in prossimità di scuole e centri di aggregazione giovanile. In assenza di chiarimenti da parte del Ministero della Salute, che si è riservato di decidere dopo aver acquisito il parere dell’Avvocatura di Stato, la cannabis potrebbe essere venduta anche nelle tabaccherie. E’ chiaro che, a seguito di tale diffusione, la gente sarebbe indotta a giustificare il fenomeno in base al principio della libertà di scelta (senza valutare le conseguenze sanitarie) e alle necessità di cassa dei commercianti.

Tutto ciò premesso

Il CONSIGLIO COMUNALE

– visti gli articoli 2 e 118 della Costituzione;
– visto il Testo Unico sull’ordinamento degli Enti Locali approvato con Decreto legislativo 267/2000;
– visto, in ordine alle attribuzioni dei Consigli comunali, l’art. 42 comma 2 del D.Lgs. n. 267/2000 e s.m.i.;
Preso atto che sulla proposta, che costituisce mero atto di indirizzo, ai sensi e per gli effetti dell’art. 49, primo comma del D.Lgs 18.08.2000, n. 267, non deve essere espresso alcun parere di regolarità tecnico- contabile;

DELIBERA

di impegnare il Sindaco e la Giunta comunale

1) a modificare gli opportuni regolamenti e a emettere eventuali ordinanze a tutela della salute pubblica, affinché i nuovi punti vendita della cannabis light (o suoi derivati) possano essere aperti soltanto a distanza di almeno 500 metri dai luoghi sensibili e precisamente: istituti scolastici di ogni ordine e grado, compresi gli asili, centri di aggregazione giovanile, centri di aggregazione in genere, impianti sportivi, luoghi di culto e oratori, centri culturali aperti al pubblico, biblioteche, farmacie, discoteche, discobar, multisale cinematografiche e centri commerciali, aree verdi attrezzate e parchi giochi in genere;
2) a vietare l’esposizione di simboli pubblicitari che invitino all’acquisto di cannabis light (o suoi derivati) all’interno e all’esterno dei punti di vendita (anche sui media e su internet), in base agli articoli 84 e 82 del DPR 309/90 che ne vietano la pubblicità e il proselitismo;
3) a far sottoscrivere ai venditori di cannabis light (o suoi derivati) una dichiarazione, con la quale si impegnano a sconsigliare l’uso UMANO della cannabis (= fumarla o ingerirla), per altro vietato dalla legge, attraverso consigli verbali espliciti e appositi cartelli con la seguente scritta: “prodotti non per uso umano perché farmacologicamente attivi e nocivi per la salute”; tale dizione va posta anche sugli stessi prodotti;
4) ad impegnare la Polizia Locale con controlli periodici e frequenti nei negozi, che vendono prodotti a base di cannabis, anche perché il Sistema Nazionale di Allerta e le forze dell’ordine hanno già trovato prodotti in vendita ad alto tenore di THC, venduti sotto mentite spoglie come cannabis light (o suoi derivati);
5) a prevedere per i venditori di cannabis l’obbligo di registrazione delle generalità degli acquirenti in uno specifico registro, da conservare presso il negozio e accessibile per i controlli, dato che i prodotti contenenti cannabis possono essere utilizzati solo per la ricerca, come deodorante per ambienti o per collezione;
6) a prevedere sanzioni pecuniarie graduate, fino alla chiusura dell’esercizio (in base alla gravità del fatto) in caso di inosservanza delle suddette regole da parte del negoziante;
7) a chiedere l’intervento urgente del Governo, affinché, recependo le raccomandazioni del Consiglio Superiore di Sanità, venga vietata la vendita al dettaglio e via internet dei prodotti contenenti la cannabis e destinati all’uso umano, salvo quelli regolarmente autorizzati per scopi medici previsti dal Ministero della Salute.

Il consigliere
Alberto Zelger

Questo articolo e tutte le attività di Pro Vita & Famiglia Onlus sono possibili solo grazie all'aiuto di chi ha a cuore la Vita, la Famiglia e la sana Educazione dei giovani. Per favore sostieni la nostra missione: fai ora una donazione a Pro Vita & Famiglia Onlus tramite Carta o Paypal oppure con bonifico bancario o bollettino postale. Aiutaci anche con il tuo 5 per mille: nella dichiarazione dei redditi firma e scrivi il codice fiscale 94040860226.