31/05/2018

Chi difende la 194 non conosce la verità sull’aborto

La legge 194 che ha legalizzato l’aborto è una legge profondamente ingiusta, perché l’aborto è un atto profondamente ingiusto.

Purtroppo, però, la propaganda abortista è riuscita in questi quarant’anni a silenziare, annichilire, cancellare il motivo vero e reale di questa profonda ingiustizia: l’umanità del concepito.

Se non si riflette su questo dato di fatto – oggettivo e inconfutabile – è ovvio che si trova modo e maniera per giustificare l’aborto – solo “in casi estremi” magari.

E l’efficacia della propaganda mortifera si mostra in tutta la sua perfidia, quando assistiamo a tentativi (incredibili) di difendere in qualche modo la legge 194 da parte di persone dacui davvero non ce lo si aspetta.

Da ultimo il cardinale Bassetti, presidente della CEI, è – a nostro parere – caduto nella trappola e ha recentemente chiuso i lavori dell’Assemblea generale  con un’affermazione davvero sconcertante:  «La legge sull’aborto la conosciamo, però bisogna anche apprezzare certi punti che, perlomeno quand’è nata, erano fermi, rispetto a certe proposte di legge che sono di un totale relativismo sul rispetto della vita e della donna. La 194 non era a favore dell’aborto ma prevedeva in certi casi particolari e circoscritti l’aborto. Noi ne abbiamo sempre visti limiti e difficoltà, però di fronte a un relativismo totale di fronte all’embrione alla vita, almeno lì c’erano dei paletti, si doveva fare di tutto il possibile. Non dico che fosse buona, perché c’è un principio di morale che dice bonum ex integra causa, deve essere buona per tutte le basi su cui poggia, ma bisogna distinguere e discernere».

Alla luce anche delle considerazioni che abbiamo fatto in questa sede, ci sembra ancor più pressante il bisogno di una corretta informazione, non solo della gente comune, ma anche della Gerarchia ecclesiale: perché questo è il momento di “alzarsi in piedi per difendere la vita”, come diceva Giovanni Paolo II, ma non è possibile difendere qualcuno che  non si riconosce come esistente in vita fin dal concepimento.

In secondo luogo, riteniamo di dover difendere non solo la vita del concepito, ma anche quella delle madri, perché a noi la salute delle donne sta davvero a cuore.  Anche a questo scopo, la retta informazione è necessaria, per smontare le fake news che in questi 40 anni ci siamo bevuti al punto da darle per scontate. Quindi formalizziamo una richiesta ufficiale alla CEI affinché in ogni Diocesi si tenga un convegno destinato a tutti i Parroci (e ai fedeli interessati).

Solo dopo aver chiarito bene queste verità, potremo valutare oggettivamente la 194 e discutere di eventuali possibili (o impossibili) emendamenti sulla stessa.

Qui di seguito riportiamo in sintesi il commento puntuale e severo  di Tommaso Scandroglio, alle affermazioni del cardinale Bassettipubblicato dalla Nuova Bussola Quotidiana.

Primo: “la 194 non era a favore dell’aborto”

«La 194 non considera l’aborto un reato che in alcuni casi trova delle scriminanti, bensì considera l’aborto un diritto soggettivo (anche se evita di ammetterlo “formalmente”. Ma sostanzialmente è così, Ndr)

Ciò è provato dal fatto che gli ospedali hanno l’obbligo giuridico di fornire questa “prestazione” – e dove c’è un dovere c’è un diritto da qualche parte – e dal fatto che non si contano più le sentenze civili di risarcimento a favore della donna quando il nato è malformato, risarcimento giustificato perché in ultima istanza il diritto all’aborto è stato violato».

Secondo: “ne abbiamo sempre visti i limiti e le difficoltà”

«Definire una legge intrinsecamente ingiusta quale è la 194 come una legge che ha dei limiti e delle difficoltà. E’ come definire la legge nazista che ha istituito i campi di concentramento non come norma aberrante, bensì semplicemente imperfetta, deficitaria in qualche aspetto.»

Terzo: “La 194 non era a favore dell’aborto ma prevedeva in certi casi particolari e circoscritti l’aborto”... “c’erano dei paletti”

«La legge 194 non pone nessun limite all’aborto procurato nei primi 90 giorni e ne pone di timidissimi dopo i 90 giorni. Ciò è comprovato anche da un fatto inoppugnabile: i Radicali non hanno mai chiesto che fossero allargate le maglie della 194 in ordine alle condizioni per l’accesso all’aborto. Ciò a riprova che le maglie allora come ora sono larghissime. I Radicali hanno sì chiesto nell’’81 l’abrogazione totale di questa norma non perché la 194 prevedesse dei limiti all’aborto, ma perché volevano che la pratica abortiva fosse disciplinata non in modo speciale, ma fosse regolamentata come qualsiasi altro intervento chirurgico, come un’appendicectomia. Insomma volevano una normalizzazione giuridica dell’aborto in senso assoluto.

In buona sostanza nella 194 non c’è nessun paletto. Ex lege 194 la donna che vuole abortire perché il feto è malformato può farlo, la donna che vuole abortire perché ha problemi economici può farlo, la donna che vuole abortire perché il fidanzato altrimenti la lascia o i genitori la sbattono fuori di casa può farlo, la donna che vuole abortire perché è troppo giovane o troppo anziana o perché ha già un figlio può farlo, la donna che vuole abortire semplicemente perché non vuole questo bambino può farlo.

Il fatto che l’aborto è liberissimo trova conferma in un dato Istat che riguarda gli aborti effettuati nel 2016: si ricorre all’aborto per possibili malformazioni del feto nemmeno nel 10% dei casi. Nei rimanenti casi si ricorre all’aborto perché semplicemente la gravidanza non era voluta. E queste ipotesi non sono eccezionali secondo la legge 194, ma sono la norma: ci troviamo non ai confini dell’aborto legale, bensì siamo nel cuore della 194. I sei milioni di bambini uccisi nel ventre materno dal 1978 ad oggi non sono frutto di una cattiva applicazione della 194 – quasi fossero omicidi colposi – bensì sono frutto dell’applicazione fedelissima alla ratio di questa norma. La legge 194 è stata pensata e voluta come un’arma per uccidere i figli non voluti. Altrimenti perché in contemporanea al varo di questa legge si è provveduto a depenalizzare l’aborto?»

Quarto: “Apprezzare certi punti della 194”

In genere si fa riferimento agli artt. 2 e 5 che impongono alcuni oneri agli ospedali, ai consultori e ai medici. Un paio di brevi considerazioni. Alcuni obblighi si possono facilmente soddisfare non provocando il ben che minimo intoppo nella macchina abortiva. Ad esempio il dovere di contribuire “a far superare le cause che potrebbero indurre la donna all’interruzione della gravidanza” può essere adempiuto semplicemente dicendo alla donna: “Ci pensi bene.

Altri doveri sono a discrezione del personale sanitario (es. l’interessamento degli enti locali). Se poi la donna va dal medico gli oneri scendono solo a due assai generici: “la informa sui diritti a lei spettanti e sugli interventi di carattere sociale cui può fare ricorso”. Detto tutto ciò, due sono i punti che annullano la cogenza di questi obblighi. Il primo: è impossibile sanzionare chi non ottempera a tali doveri, perché è impossibile venire a conoscenza della loro infrazione. Infatti alla donna che ha avuto il suo aborto non verrà mai in mente di trascinare in giudizio il medico perché non l’ha informata a dovere sulle alternative all’aborto.

Medico abortista e donna che vuole l’aborto stanno dalla stessa parte. Ciò è comprovato da un dato inoppugnabile: a fronte di 6 milioni di procedimenti abortivi, ad oggi si sono celebrati in Italia, a motivo della non ottemperanza degli obblighi di cui sopra, zero processi. Zero. Secondo: la donna chi incontrerà nel colloquio pre aborto? Solo personale abortista, perché l’obiettore di coscienza è estromesso da tutto l’iter abortivo, compreso il colloquio con la donna. E volete che un medico pro-choice faccia “tutto il possibile” – come ha detto Bassetti – per persuadere la donna a non abortire?

Quinto:  “si doveva fare di tutto il possibile” per non far abortire la donna.

Errato. La norma è costruita in modo tale che l’aborto è l’unica opzione da prospettare, che tutto si debba tentare per far abortire la donna. Quando il presidente della Cei afferma che nella 194 ci sono parti apprezzabili vengono in mente i regolamenti dei campi di concentramento nazisti che prevedevano obbligatoriamente di dare da mangiare, seppur con quantità irrisorie di cibo, ai deportati. Chi mai oggi avrebbe il coraggio di dire che almeno i nazisti non facevano morire di fame tutti?

Sesto: il giudizio sulla 194 espresso dalla Cei all’indomani del varo della 194

Ecco alcuni estratti del documento “Dichiarazioni a seguito dell’ avvenuta legalizzazione dell’ aborto in Italia”: “L’aborto volontario e procurato, ora consentito dalla legge italiana, è in aperto contrasto con la legge naturale scritta nel cuore dell’uomo ed espressa nel comandamento: ‘Non uccidere!’. Chiunque opera l’aborto, o vi coopera in modo diretto, anche con il solo consiglio, commette peccato gravissimo che grida vendetta al cospetto di Dio e offende i valori fondamentali della convivenza umana”.

Amara conclusione del prof. Scandroglio

Oggi nel mondo i bambini muoiono a milioni nel ventre materno non tanto per l’attivismo del fronte abortista, non tanto per il silenzio colpevole di molti sedicenti cattolici votati non alla prudenza ma all’ignavia. I bambini oggi muoiono soprattutto per l’appoggio implicito ed esplicito che i cattolici offrono alle leggi abortiste. Tra una selva di distinguo e discernimenti, sotto la coltre di un linguaggio sfumato e allusivo, alla fine si plaude ad una legge mortifera, quando invece i pastori dovrebbero urlare il loro sdegno, dovrebbero chiamare alla lotta culturale, politica e spirituale tutti i fedeli, dovrebbero minacciare il giudizio di Dio su quei politicanti che si macchiano di questi crimini orribili e dovrebbero avere il coraggio di sfidarli così: “Prendetevi pure l’8 per mille, perché per noi la vita di un solo bambino vale infinitamente di più”».

Redazione

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