06/09/2017

E’ la depressione che spinge al suicidio: sempre

In queste ore, ai margini dei commenti sull’ingegnere di Como che è andato a “farsi suicidare” in Svizzera per la depressione, è stata ripresa da qualche testata una dichiarazione di Marco Cappato, colui che aveva accompagnato a morire il DJ Fabo:

«Mai aiutato i depressi», dice il leader radicale. «A noi arrivano due richieste al giorno, anche di persone stanche di vivere che hanno già tentato il suicidio, ma io non ho mai aiutato persone depresse per il suicidio assistito, anche perché la nostra proposta di legge non prevede l’accesso all’eutanasia ai malati psichici, ma a persone affette da patologie incurabili con una sofferenza anche fisica». (Così scrivono La Provincia di Como e il Corriere, ad esempio).

Cappato discrimina ingiustamente chi soffre di depressione?

Bisognerebbe accusare Cappato di ingiusta discriminazione nei confronti di chi soffre di depressione: perché offrire quello che secondo lui è “un bene”, cioè il “diritto” alla “morte dignitosa”, a uno che ha il cancro e non a uno che ha la depressione?

Lo sa Cappato che le sofferenze psichiche possono essere molto più insopportabili di quelle fisiche?  Il dolore fisico si lenisce con i farmaci adatti (e la palliazione fa continui progressi in questo senso). Combattere la depressione con i farmaci è molto più difficile.

E’ sempre la depressione – con la solitudine – che spinge a voler morire

Inoltre, chi cede al dolore fisico, normalmente, lo fa proprio a causa della depressione che facilmente insorge di fronte a un male incurabile.

Perché tante persone come Andrea Turnu (DJ Fanny), malato di SLA, Lorenzo Moscon, giovane triplegico, Marco Pedde, malato di SLA, Matteo Nassigh, incapace di camminare, di parlare o di mangiare da solo, Rita Coruzzi, affetta da tetraparesi, Nick Vuijcic, nato senza gambe e braccia, Edoardo Bonelli, paralisi quasi completa condannato a una sedia a rotelle, e poi ancora Roberto PanellaMax Tresoldi usciti da coma o da stato vegetativo (che non appaiono mai nei TG), persone  handicappate come – e anche peggio – del DJ Fabo, non chiedono di morire?  Perché lottano con il dolore e non cedono ai momenti di  depressione che inevitabilmente attraversano (e che, alla fine, attraversiamo tutti, per i più diversi motivi). (Diretta news racconta anche di Michael Leocata, 22 anni tetraplegico che voleva morire, ma sta cambiando idea...)

Ecco perché se passa la proposta di legge sulle DAT siamo tutti in pericolo

Infatti, la depressione, che pure è il male del secolo, e può essere molto grave, va e viene. E’ un fatto di momenti (anche lunghi e persistenti), ma passa. E se in uno di quei momenti uno scrive il testamento biologico (le DAT), poi cambia idea e non riesce a comunicarlo?

Cosa offrono i radicali a chi chiede di morire perché “soffre troppo”?

I radicali dicono che ricevono due richieste al giorno nel loro sito A.A.A. Cerchiamo malati terminali: a parte che sui numeri che danno loro c’è poco da fidarsi (ricordate i numeri degli aborti clandestini, vero?), a quanti di quelli che chiamano offrono aiuto e cure, sostegno e calore umano sincero? A quanti , invece, dicono in modo diretto o indiretto: «Hai ragione, è meglio che muori»?

Non è “istigazione al suicidio”, forse. Ma è la presentazione della morte come soluzione a tutti i problemi, soprattutto ai problemi di depressione. Quando invece la saggezza popolare insegna il contrario: “a tutto c’è rimedio, fuorché alla morte”.

Francesca Romana Poleggi


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