29/08/2014

Eterologa – Caos Toscana: il supermarket dei bambini

La Regione Toscana ha deciso, come sappiamo, di anticipare i tempi rispetto a quelli dettati dal Ministero per consentire a chi volesse di operare la fecondazione eterologa. Scelta, questa, che ha portato noi di ProVita assieme ai Giuristi per la Vita a impugnare davanti al TAR la relativa delibera.

Ciò sottende la stesura di un regolamento che, a detta del Presidente Enrico Rossi, conterrebbe tutte le necessarie garanzie per i genitori ed i nascituri.

Ma è proprio così?

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A leggere le linee guida della Toscana sulla fecondazione eterologa , e cioè quelle stesse disposizioni che secondo il governatore pd della regione, Enrico Rossi, basterebbero e avanzerebbero a garantire futuri genitori, nascituri e buone pratiche sanitarie in tema di procreazione assistita con gameti estranei alla coppia, ci sarebbe addirittura da ridere. Se non fosse che la faccenda, invece, è molto seria. Del tutto carenti, elusive e pasticciate su temi fondamentali, che vanno dalla tracciabilità del donatore di gameti fino alla garanzia che lo stesso donatore non si rivolga a più centri o a centri di più regioni, l’eterologa alla toscana si diffonde invece su particolari francamente sorprendenti, oltre che in perfetta armonia con la logica mercantile che si dichiara a parole di voler respingere. Un esempio. Nella delibera approvata a fine luglio dal Consiglio regionale, si dice che “deve essere specificata etnia di appartenenza del donatore/donatrice” e anche, incredibile ma vero, “peso e altezza; colore degli occhi: castani, verdi, neri, azzurri; colore naturale dei capelli: nero, castano, biondo, rosso; tipo naturale di capelli: lisci, ondulati, ricci; carnagione: pallida, rosea, olivastra, scura”. Accuratezze da casting che appaiono palesemente in contrasto proprio con il decreto 191/2007 sulla donazione di tessuti e organi (al quale le linee guida toscane affermano più volte di richiamarsi), nel quale è tassativamente esclusa la diffusione dei dati genetici dei donatori. Vediamo riprodotte, a cura di una amministrazione regionale di sinistra, le stesse offerte di quei cataloghi da supermarket dei bambini che si rivolgono, più che a futuri genitori, a consumatori del bene “figlio”.

Non basta. Proseguendo nella lettura, troviamo altre disposizioni misteriose, al limite del grottesco. Si afferma per esempio che deve essere escluso il donatore/donatrice dalla cui anamnesi risulti non solo “un’attività lavorativa che presenti un elevato rischio di esposizione a radiazioni o a sostanze chimiche” o “una storia di alcolismo o dipendenza da sostanze stupefacenti”, e fin qui ci siamo: ma perché escludere anche chi ha una “storia di ludopatia”? Si pensa che la passione per le slot machine sia geneticamente trasmissibile? O si vuole evitare che il ludopatico fornisca gameti a pagamento? Se fosse quest’ultimo il motivo recondito della prescrizione, perché non stabilire allora che il donatore non può mai essere indigente? Forse perché una regola di questo genere sarebbe l’ennesima assurdità in un testo che ne è già zeppo.

Si capisce poi che le linee guida toscane non potranno in alcun modo garantire che davvero il donatore o la donatrice mettano “a disposizione di un solo centro i propri gameti”. Sul tema è prevista la semplice autocertificazione presso i centri e un non meglio identificato “archivio regionale”, che non è stato neanche istituito. Per farlo in modo non raffazzonato ci sarebbe bisogno di una norma, e alla regione Toscana tengono il punto fieramente: niente norme, niente decreti nazionali, basta la sentenza della Consulta e bastano le linee guida. Il massimo dell’approssimazione si rintraccia anche nelle disposizioni sul consenso informato di donatori e riceventi. Si dice che “la donazione deve essere anonima (cioè non deve essere possibile per il donatore risalire alla coppia ricevente e viceversa)” e che “i dati clinici del donatore/donatrice potranno essere resi noti al personale sanitario solo in casi straordinari, dietro specifica richiesta e con procedure istituzionalizzate, per eventuali problemi medici della prole, ma in nessun caso alla coppia ricevente”. Ma che significa? Quali sarebbero i “casi straordinari”? A chi va fatta la “specifica richiesta” e quali sarebbero le “procedure istituzionalizzate”? E quando si parla di “personale sanitario” a chi ci si riferisce? Medici, infermieri, tenutari di registri? E perché dovrebbe essere proprio la “coppia ricevente” a dover essere esclusa da quelle informazioni che hanno rilievo in caso di manifestazione di patologie del nato da eterologa (“problemi medici della prole”)? Non si sta parlando di nome-cognome-indirizzo-codice fiscale del donatore, ma di dati clinici. Si dice anche che il nato da eterologa potrà ottenere informazioni sul donatore “unicamente in caso di mutamento di volontà del donatore/donatrice, senza che ciò comporti il sorgere di alcun diritto/obbligo tra le parti”, sulla falsariga di quanto avviene nella legge sulle adozioni. Ma possono di linee guida regionali risultanti da un confuso patchwork normativo dettare regole su un aspetto di questo rilievo? Naturalmente no, e già domani qualsiasi tribunale potrebbe smontare le linee guida toscane, su questo come su altre decine di punti.

Dati questi presupposti, dice la deputata Ncd Eugenia Roccella, “quelle linee guida si dimostrano del tutto insufficienti a garantire i centri pubblici regionali, che potrebbero essere seppelliti, se qualcosa andasse storto, da valanghe di contenziosi. Davvero la regione Toscana si sente di assumere su questa base gravi rischi e oneri eventuali? Piuttosto, la mossa del governatore Rossi, a dispetto delle sue promesse di eterologa ‘democratica’ con soli cinquecento euro di ticket, lascia via libera soprattutto ai centri privati e ai loro affari d’oro. I privati sono gli unici che possono davvero partire subito, perché in grado di tutelarsi con contratti e liberatorie che li sollevino da responsabilità onerose. Su quel terreno la sanità pubblica non può certo imitarli: non solo deve tutelare le coppie e i nati, ma deve anche tutelarsi rispetto a contenziosi potenzialmente devastanti. La politica delle linee guida regionali inaugurata dalla Toscana avalla semplicemente la deregulation”.

Nicoletta Tiliacos

Fonte: Il Foglio

 

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