11/05/2017

Eutanasia, bene comune, tutela dei cittadini e soldi (tanti)

Lo Stato vuole il bene dei propri cittadini (o almeno dovrebbe). Anche quando legalizza l’eutanasia?

L’obbligo di allacciare le cinture, ad esempio, è l’evidenza dell’interesse verso la nostra salvaguardia.

Sui pacchi di sigarette, poi, è scritto sempre più chiaramente che “Il fumo uccide”. Mettere al bando le sigarette sarebbe facile, ma lesivo della nostra autodeterminazione; al contrario un messaggio così chiaro sembra l’amorevole ammonimento di un genitore.

O ancora: Il gioco è vietato ai minori e può causare dipendenza patologica” è la frettolosa frase che ascoltiamo in TV, spesso nelle ore di punta, al termine di spot pubblicitari che regalano il sogno del guadagno facile in una società dove trovare lavoro è sempre più difficile.

Anche nel bisogno e nelle difficoltà, lo Stato, dunque, non ci abbandona.

E adesso si appresta ad aiutarci anche quando “ormai non c’è più nulla da fare”, quando ormai stanchi della nostra faticosa vita, deboli e malconci, ci apprestiamo a lasciare questa esistenza. Anche qui lo Stato vuol “darci una mano”.

Qual è il leitmotive che unisce momenti e ambiti così diversi della presenza dello Stato nella nostra vita? Forse il compassionevole desiderio di assistere i cittadini? O forse un interesse un po’ meno nobile?

E già, perché, numeri alla mano, gli incidenti stradali costano allo Stato una bella cifra (circa 18 miliardi di euro nel 2013) e quella che a prima vista sembra solo una premurosa e paterna attenzione, a ben vedere sembrerebbe dettata dal solito e ricorrente sprone del denaro. Poco male: in questo caso interessi economici dello Stato e benessere del cittadino, fortunatamente, coincidono.

E la spesa sociale derivante dal fumo? Quasi 8 miliardi di euro l’anno. Pochi, però, se si considera che la vendita di sigarette frutta allo Stato: ben 15 miliardi di euro all’anno.
E così, nel dubbio, lo Stato disincentiva i “nuovi fumatori”, potenziali esosi “nuovi pazienti”, e compensa con l’aumento del costo al pacchetto, per chi ormai è preso dal vizio. Una strategia economica vincente, che tende a massimizzare il guadagno riducendo la spesa sanitaria.

Ma si può fare meglio: come si può guadagnare dalla vendita di sigarette (e, prossimamente, di cannabis e derivati) senza doversi accollare le spese sanitarie connesse?

In questo l’eutanasia si presenta come una vera e propria manna. Con la scusa dell’autodeterminazione e della compassione, si inizia a convincere la popolazione che una classe di persone abbiano una vita non più degna di essere vissuta. Tipicamente malati, persone sole, depressi o semplicemente anziani. Strana coincidenza il fatto che tutte queste categorie sociali costituiscano per lo Stato un costo: i malati per le cure, le persone sole per l’assistenza, gli anziani per il solo fatto di percepire una pensione senza essere più produttivi.

L’eutanasia rappresenta dunque per i governi un metodo elegante e infallibile per scrollarsi di dosso un enorme costo senza temere l’impopolarità. Del resto si tratta di un’opera compassionevole, per la quale, peraltro, i soggetti depositari del “privilegio” non possono per definizione lamentarsi e gli altri, che guardano da lontano, non si sentono direttamente chiamati in causa: sulla carta l’eutanasia è una “libera scelta” (che in realtà tanto libera non si dimostra, come ben sanno i genitori del piccolo Charlie Gard ).

Del resto la percentuale maggiore delle spese sanitarie è sostenuta proprio per i “candidati ideali” alle procedure eutanasiche: malati oncologici (spesa annua attuale di 250 miliardi di euro e previsioni di crescita del 100% in qualche anno  ) e pazienti neurologici e psichiatrici (300 miliardi l’anno).

Ma non mancherà di certo l’allargamento ad altre patologie, come quelle cardiache (200 miliardi l’anno) o anche malattie croniche come il diabete (80 miliardi l’anno), per finire con chi, semplicemente, pur essendo in ottima salute, ritiene di aver concluso la propria vita (come teorizzato da un medico australiano , cui l’Olanda sta dando prontamente seguito , pur limitatamente alle persone anziane, chissà perché).

Del resto, si sa, la soglia di tolleranza si abbassa sempre più e presto ci convinceranno che può essere insopportabile ciò che oggi non ci appare affatto tale.

L’analisi di situazioni tanto diverse fra di loro dimostra che il principale filo conduttore nelle scelte politiche e strategiche dei governi resta il denaro e spiega ancora più chiaramente, se ce ne fosse bisogno, perché non si può e non si deve accettare di lasciare nelle mani di chi gestisce la spesa sanitaria la vita di persone sofferenti ed emotivamente deboli, per un evidente conflitto di interessi.

Naturalmente in pochi ammettono che l’eutanasia sia considerata una soluzione ai problemi economici del welfare: sarebbe un po’ come gettare via la maschera. Però, come abbiamo imparato in questi anni, “a pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca”.

Giuseppe Fortuna

 


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