21/04/2017

Eutanasia e aborto, il funerale della vita e dell’Italia

Mentre la Camera dei Deputati approva l’ennesima legge contro la vita – questa volta sull’eutanasia, sebbene mascherata con i nomi di “testamento biologico” e “D.A.T.” (Disposizioni Anticipate di Trattamento) -, nel silenzio più o meno generale delle gerarchie ecclesiastiche e dei movimenti loro soggetti, c’è un sacerdote che non ha paura di dire pane al pane e vino al vino.

Si tratta di Don Mario Fangio (nella foto in alto), un prete che potremmo definire di periferia, perché è parroco della chiesa di Santa Maria Assunta, nel piccolo paese di Carovilli, in provincia di Isernia.

Don Mario non è un sacerdote da salotto televisivo e non cerca la popolarità, ma ha a cuore la salvezza delle anime e la verità. Per questo ha appeso un manifesto in cui ha dato l’annuncio funebre della morte della vita. Sì, proprio così. Il diritto alla vita infatti è stato ucciso a causa di leggi come quella sull’aborto e sull’eutanasia. Leggi con le quali l’Italia ha scelto di “far morire” e non di “far vivere”, condannando di fatto se stessa, perché uno Stato che ammazza i bambini e i malati non ha futuro.

Oltre al manifesto, don Mario ha suonato le campane della chiesa a morto, proprio come si fa in occasione di un funerale e come aveva già fatto in occasione dell’approvazione delle unioni civili. È il funerale del nostro Paese, della nostra civiltà e, in fondo, della nostra stessa umanità. Con lui, hanno suonato le campane anche i parroci di Castropignano, Duronia, Pietrabbondante e Salcito, tra le province di Isernia e Campobasso.

eutanasia_aborto_Carovilli_don-Mario-Fangio

Noi non possiamo far altro che congratularci con questo parroco coraggioso e controcorrente, e gli garantiamo tutto il nostro appoggio ed il nostro sostegno. E insieme a lui e a tanta altra gente di buona volontà non ci rassegniamo alla situazione attuale e siamo pronti a dare battaglia affinché la ragione ed il buon senso trionfino.

Chi lotta per la vita non può rendersi complice del male attraverso l’indifferenza e la rassegnazione, ma deve combattere fino alla fine.

Redazione



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