18/02/2017

Eutanasia e famiglia – Intervista a don Stefano Tardani

Il ddl sull’eutanasia e le DAT è in discussione alla Camera e il dibattito è molto acceso. Su questo tema vi sono convergenze di pensieri differenti che si coalizzano per sostenere la propria posizione, in un confronto che è reso ancora più difficile dalla delicatezza dei termini e delle questioni di cui si va a discutere.

Su questo tema è dunque importante essere informati, ed esserlo correttamente. Ed è proprio questo l’intento dei promotori dell’incontro “Eutanasia – Nuovo olocausto”, che si terrà a Roma il prossimo 2 marzo, alle ore 19:00 presso Casa Bonus Pastor.

Tra i relatori dell’incontro, oltre al presidente di ProVita Onlus Toni Brandi e a Giusy d’Amico di Non si tocca la Famiglia, ci sarà anche don Stefano Tardani del Movimento dell’Amore Familiare. Abbiamo scambiato con lui alcune battute.

Parliamo di eutanasia. Si tratta del tema forse più complesso in campo bioetico. Come districarsi tra i tanti termini in gioco e non cadere nell’imbroglio della neolingua?

Il termine “eutanasia” deriva dal greco eu-thanatos, che significa: buona-morte. Nella nostra epoca è diventato un morire bene, con una morte indolore, serenamente, come si dice, una “dolce morte”. Insomma, anziché l’uso di cure palliative, per portare avanti la vita in modo indolore o almeno sopportabile, si vuole dare termine alla vita in modo indolore. Ma è qui che si nasconde l’inganno perché dolce può essere dolce il morire per il corpo, e non sempre; ma non lo è mai indolore per l’anima e lo spirito per chi la fa e per gli stessi parenti e amici, i quali spesso si nascondono dietro una falsa “compassione”. In realtà, è un vero dramma spirituale, un odio per la vita che non si riesce più ad amare come prima.

Veniamo ora a vedere l’aspetto della nutrizione e dell’idratazione. Un errore abbastanza grossolano, ma nel quale è facile cadere, è quello di considerarle delle “cure”. Invece l’insegnamento della Chiesa, ma anche del buon senso, è ben differente...

Infatti, non si tratta di cure. Nutrirsi con cibo e acqua è un diritto inalienabile della vita e non perché si sta male. I diritti servono per la vita. Non è invece un diritto uccidere o uccidersi. Morire non è mai un diritto: non è neanche un fatto privato. Perché la vita di ciascuno è cresciuta, si è sviluppata ed è stata sorretta sempre da una partecipazione di gesti di amore e di generosità di tante persone. Ogni vita è un po’ di tutti noi e non è mai solo un fatto privato. Mi fa specie che l’attività politica di chi si batte per il “collettivo” qui all’improvviso riconosca unicamente un “fatto privato”. È vero il detto, che «Ciascuno vede secondo gli occhiali che mette», anzi quelli che gli piacciono… E poi, pensiamo: chi si dedicherebbe con tali e tanti sforzi per aiutare e sostenere la vita delle persone, se poi bastasse il diritto a distruggerla o a distruggersi? Che mondo squallido e orribile ci sarebbe davanti a noi?

Le ricerche ci dicono che uno dei timori più grandi che attanaglia le persone malate è quello di “essere un peso” per parenti e amici. Come è possibile, secondo la sua esperienza, ovviare a questo problema?

Talvolta è vero, possiamo diventare un peso ma siamo anche una responsabilità: ciò che gli altri hanno fatto per noi quando eravamo piccoli o bisognosi, lo facciamo anche noi ora per gli altri e per gli anziani. La vita umana e sociale è fatta così, altrimenti non ci sarebbe nessuna crescita, nessun amore, nessun servizio ma solo dei fratelli mercenari ed egoisti. Distruggere questa solidarietà con un falso pietismo, dicendo che sia meglio “sparire”, vuol dire disumanizzare il mondo. Insomma, roba da diavoli!

Perché le persone di oggi hanno così tanta paura della morte?

La paura della morte, ma ancor di più delle sofferenze che possono accompagnare alla morte. Ora, la paura della morte e, ancor di più, della sofferenza si supera con l’amore, con un amore forte, con una vita donata. È questa che si deve lasciare in eredità, non la morte e l’ignavia. Alla fine, si muore come si è vissuto. L’egoismo di chi si è sempre e solo divertito, usando, consumando e distruggendo intorno a sé, porta facilmente a non essere capace di sopportare le sofferenze che la vita riserva, e porta a non essere capace di vederne più il senso intimo. La vita, come la morte, ha in sé una certa sofferenza che poi si supera nella pienezza. È compito dello spirito – il grande sconosciuto di oggi – traghettare l’umano dalla sofferenza al suo senso e alla pienezza della vita. È questo il volto più bello del vero amore, che non si piega alla sconfitta e insegna a vivere!

Alla luce di quando detto fino ad ora emerge in maniera chiara il ruolo di spicco che gioca la famiglia, anche nel campo dell’eutanasia…

Certamente, tutto questo lo si impara in famiglia, nel luogo dei sentimenti, della trasparenza e della fiducia, dell’amorevole accompagnamento nello sviluppo della vita con le sue debolezze e cadute e con il loro superamento attraverso un atteggiamento di dedizione attenta e generosa, fatta di quella fortezza e di bontà vera capaci di sacrificio di sé e di gioia. Tolto questo umano – tante volte è questo l’orizzonte economico e politico con il quale si sta distruggendo la famiglia – resta ben poco: una vita scialba se non del tutto vuota, vissuta solo per essere consumata e gettata via. È un tema che ho voluto approfondire e consegnare ai lettori nel mio libro Figli di chi? Quale futuro ci aspetta (ed. Àncora).

Un’ultima domanda: come mai, secondo Lei, c’è questa fretta nell’introdurre anche in Italia le DAT e l’eutanasia?

Se si va ad approfondire nei dettagli questo tipo di leggi, ci si accorge facilmente di un incentivo alla distruzione si sé con una parvenza di utilità sociale, ma in fondo per interessi economici. Alla fine, è un progetto come un nuovo olocausto, di cui risente purtroppo anche pesantemente l’Italia. Si sta andando verso un punto di non ritorno: quando si uccide la vita nel suo concepimento e la si annulla facilmente con una “falsa morte indolore” allora vuol dire che stanno convincendo le persone che la loro vita non vale più nulla ed è solo di peso… e prima o poi per tutti! Così che tutti prima o poi saranno di peso! Solo Dio ci può salvare la preziosità della vita e il suo rispettarla, anche nel dolore e nella morte. È questo rispetto della vita e della morte di tutti che ci apre al dono della Risurrezione come Gesù Cristo ha promesso ai credenti. Fuori di questa Luce l’oscurità della morte anche procurata.

Giulia Tanel


NO all’eutanasia! NO alle DAT!

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