18/01/2017

Eutanasia: i GPV propongono 5000 emendamenti

Il 30 gennaio è stata calendarizzata la discussione alla Camera del disegno di legge sull’eutanasia.

Abbiamo già avvisato i nostri Lettori: non facciamoci imbambolare dalla neolingua: il disegno di legge  intitolato “Norme in materia di consenso informato e di dichiarazioni di volontà anticipate nei trattamenti sanitari” (da cui l’acronimo DAT) non contiene mai la parola “eutanasia”, ma vuole legalizzare e “normalizzare” la fine che hanno fatto le povere Eluana Englaro e Terri Schiavo, prevedendo la possibilità per il paziente o un suo “fiduciario” di “rinunciare” o “togliere” cibo e bevande.

Ciò vuol dire praticargli l’eutanasia lasciandolo morire di fame e di sete. 

Se anche leggendo il testo in questione, volessimo riscontrarvi qualcosa di buono, per esempio, circa il consenso informato o altro, l’ambiguità ci pare regni sovrana. E dove su certi temi c’è ambiguità non c’è da fidarsi: il testo va respinto in toto.

Tra quelli che stanno seguendo con attenzione l’iter della proposta di legalizzazione dell’eutanasia in corso alla Camera, c’è  Mirko De Carli, del Popolo della Famiglia, che ci parla dei 5000 emendamenti elaborati dall’avvocato Amato e dai Giuristi Per la Vita.

Noi dal canto nostro abbiamo sempre messo in guardia dall’eutanasia (sotto le varie diciture neolinguesche di DAT, suicidio assistito, sedazione terminale...), perché all’atto pratico si rivela un gravissimo sopruso sui più deboli e vulnerabili.

Ovunque si sia iniziato con la legalizzazione dell’eutanasia, in casi estremi e forme particolarissime, nel giro di pochi mesi il fenomeno è divenuto dilagante. Tanto che anche chi prima la proponeva è tornato sui suoi passi.

Abbiamo rivolto alcune domande a Mirko De Carli sui suddetti emendamenti.

– Puoi condensare in breve quali sono i contenuti principali degli emendamenti dei Giuristi Per la Vita?

  • Tolti gli emendamenti tesi a rallentare il cammino della legge, ci sono due emendamenti sull’approvazione sui quali puntiamo molto, per limitare i danni. Su essi sarebbe possibile una convergenza con i parlamentari meno compromessi con le politiche laiciste. Cerchiamo in primo luogo, visto che lo stesso Ddl valorizza l’autonomia decisionale e la responsabilità del medico, che sia data a quest’ultimo la facoltà di non aderire alla volontà del paziente che rifiutasse il trattamento sanitario. A parte la tutela della dignità professionale, si conferirebbe così al medico stesso la possibilità di rendersi soggetto attivo nella tutela della dignità della persona, anche di fronte a circostanze estreme. L’obiezione di coscienza potrebbe essere introdotta all’art. 1 della legge con la semplice dizione per cui è «fatta salva la volontà del medico di non aderire al rifiuto dei singoli trattamenti sanitari espressi dal paziente». Inoltre, speriamo di ottenere l’abolizione del riferimento all’amministratore di sostegno, tra i soggetti che potrebbero esprimere il consenso informato. Queste figure non danno sufficienti garanzie a tutela della vita del paziente, considerato che spesso esercitano il loro ufficio solo per questioni patrimoniali, senza essere legate al paziente da vincoli affettivi. Senza contare il fatto che, anche in presenza di legami di parentela, potrebbero avere comunque interessi indiretti sulla eredità. A nostro avviso, in questi casi l’affidamento della decisione dovrebbe comunque andare all’autorità giudiziaria, su proposta dell’amministratore di sostegno.

Gli emendamenti hanno scopo ostruzionistico? Abbiamo speranza (essendo minoranza) nel fare ostruzione, o finisce come con le unioni civili?

  • Fare ostruzione serve a restituire un ruolo al parlamento, evitando che lo stesso diventi un mero esecutore della volontà dei governi. Presto, come dicevo, le forze laiciste che hanno imposto le unioni civili potrebbero tornare alla carica con la legge sull’omofobia, e quindi non bisogna dare l’idea di avere abbassato la guardia. Ci deve sempre essere una presenza politica, anche se minoritaria, che su temi così essenziali sia pronta a uno sbarramento che parta dalle commissioni per poi continuare, se necessario, fino alla Corte Costituzionale e gli organismi sovranazionali. Anche se le battaglie possono essere perse, la presenza parlamentare è comunque fondamentale per evitare che il paese scivoli nella dittatura. Come diceva Martin Luther King: «Il mondo è un posto pericoloso, non a causa di quelli che compiono azioni malvagie ma per quelli che osservano senza fare nulla».

La legge secondo noi non è emendabile. A nostro modesto parere non serve proprio: è una legge da respingere e basta.

  • In linea di principio sarebbe meglio, ma più che scegliere il male minore qui si tratta di opporre resistenza al male. Purtroppo sappiamo per esperienza che accettare compromessi su questi temi è lo strumento con il quale, tipicamente, i politici lasciano passare ciò che non sarebbe mai lecito per il bene comune della società. Questo è un ulteriore motivo per cui non bisogna lasciare cadere nemmeno gli emendamenti di sbarramento. Ne sono stati presentati in commissione, con l’aiuto nostro [del PDF, n.d.R.] e degli amici Giuristi per la Vita, già cinquemila.

– Serve una legge per potenziare le (vere) cure palliative? Non serve piuttosto a livello di amministrazione (sanità e regioni) la volontà di potenziare gli hospice?

  • Le scelte amministrative relative agli hospice e agli altri presidi sanitari purtroppo sono condizionate dalle risorse a disposizione, che spesso sono scarse. Ma è pur sempre una questione di priorità, e la legge dovrebbe servire appunto a definire le priorità. Per questo è importante che non passi una legge che faccia sentire autorizzati i sanitari a compiere scelte eutanasiche che, se non si tengono fermi i principi, potrebbero anche essere fatte passare per “pietose”, quando in realtà potrebbero essere dettate da considerazioni economiche e amministrative. Non dimentichiamoci che il “dottor morte” di Saronno recentemente scoperto e arrestato, assieme alla sua amante infermiera, ha tentato di argomentare la sua difesa proprio con considerazioni allucinanti di questo tipo. Ma su questi temi etici, così sensibili non solo per le singole persone ma anche per tutta la vita sociale, più che l’introduzione di leggi specifiche occorrerebbe un ritorno ai principi fondamentali. Tra i quali c’è quello della dignità della vita umana, e della persona, dall’origine fino alla fine naturale. Certi valori fino a pochi decenni fa erano scontati, ma oggi, quando si parla di vita e di morte, anche tra i magistrati e i medici si fa presto a essere irretiti dalla menzogna e dall’ambiguità. Purtroppo c’è da temere che per l’eutanasia, come già sta avvenendo per altri settori della cosiddetta “biopolitica”, certi abusi dilaghino nella prassi, e vengano garantiti più per via giudiziaria, che non in ossequio al dettato delle leggi.

Chi volesse conoscere nel dettaglio i contenuti della proposta di legge può cliccare qui.

Francesca Romana Poleggi


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