26/03/2017

Fecondazione artificiale? No, a vincere sono i metodi naturali

La fecondazione artificiale è poco efficace in quanto percentuale di “bimbi in braccio” e provoca problemi per la salute della donna, della coppia genitoriale e del nascituro (o, spesso, “dei nascituri”).

Perché dunque continuare dunque a sostenerla, anziché puntare sui metodi naturali che si rivelano essere una buona soluzione quando vi sono difficoltà per la coppia nel concepire, con un successo nel 65% dei casi? Semplice: per soldi.

La fecondazione artificiale – in Italia regolamentata dalla legge 40 del 2004, dal titolo: “Norme per la procreazione mediamente assistita“, modificata dalla sentenza della Corte Costituzionale del 9 aprile del 2014 – è una tecnica sempre più diffusa (la Dott.ssa Eleonora Porcu dice che dopo un triennio di prove senza concepimento, è quasi la prassi) e che dal 2017 viene erogata gratuitamente con i soldi pubblici, grazie all’inserimento della prestazione nei Lea (Livelli Essenziali di Assistenza). In effetti si sentono sempre più coppie che hanno problemi nel concepire figli: stress, stile di vita ed età avanzata (dopo i 30-35 anni le possibilità di rimanere incinta calano vertiginosamente) non favoriscono di certo l’inizio di una gravidanza. Ma, si sa, prima c’è l’università, poi il divertimento, poi la carriera... e poi a quarant’anni ci si accorge di avere nascosto nell’intimo un desiderio di maternità (per la paternità è diverso), ma a quel punto l’orologio biologico ha fatto il suo corso.

I metodi naturali contro l’infertilità abbinano la prassi della regolazione naturale della fertilità alla cura delle cause che determinano l’incapacità a concepire, che – come abbiamo accennato – possono essere di diversa natura: cattivo stile di vita (fumo, alcol, vita sedentaria, stress, ecc.), contraccezione artificiale prolungata nel tempo, infezioni batteriche e virali, infiammazioni, malattie ginecologiche femminili (ovaio policistico, endometriosi, ecc.), malattie andrologiche maschili (ad es. varicocele), problemi ormonali che determinano disordini nell’ovulazione, scarsità o bassa qualità degli spermatozoi, problemi psicologici, ecc.

La pluralità delle cause e le variabili che intervengono nel determinare l’infertilità di coppia rendono pertanto necessario un iter diagnostico approfondito e un approccio al problema di tipo globale, affinché gli ostacoli che precludono il concepimento non siano semplicemente bypassati – come nel caso della fecondazione artificiale – bensì rimossi.

«La dottoressa Paola Pellicanò, ginecologa del Centro studi e ricerche per la regolazione naturale della fertilità dell’ISI, spiega chescrive Lorenza Perforii metodi di regolazione naturale della fertilità non hanno solo lo scopo di studiare i ritmi della fertilità della donna ma hanno anche una funzione diagnostica. “L’infertilità è spesso sintomo di altri problemi” sottolinea la ginecologa, “in queste situazioni i metodi naturali forniscono un prezioso approccio di prevenzione e di diagnosi, perché già dalle semplici osservazioni della donna si possono individuare eventuali alterazioni nel ciclo che facciano sospettare patologie specifiche, consentendo di affrontarle precocemente e quindi con un migliore risultato terapeutico, nonché di indirizzare in modo più mirato ad accertamenti di livello superiore”».

I metodi naturali non sono una “trovata”, sono un metodo scientificamente valido.

Continua la Perfori: «Francesco Sasso, chirurgo di uro-andrologia dell’Università Cattolica di Roma, denuncia “la disinformazione imperante che conduce spesso verso percorsi inutili e dispendiosi” mentre “se le patologie maschili fossero curate in maniera appropriata, gli uomini potrebbero guarire e concepire un figlio senza ricorrere a tecniche extra-corporee”. “Data l’ignoranza sulle cause reali della propria sterilità – conclude Sasso -, le coppie ripetono i trattamenti [di Pma] più volte con oneri gravi oltre che con conseguenze psicologiche e fisiche tutt’altro che irrilevanti”».

Ma vediamo i numeri della fecondazione artificiale, per mano della ginecologa Sandra Pellegrini: «Sotto i 35 anni le probabilità di successo sono del 25-30%; dai 35 ai 39, vanno dal 15 al 20%, oltre i 42 anni oscillano dal 3% al 5%, a 44-45 anni non ha già più senso tentare». All’età non si comanda...

A tutto questo c’è una nuova soluzione, che non sta tuttavia trovando grande spazio, appunto per il motivo economico cui si accennava in apertura. Sintetizza la Perfori: «Il ramo più giovane tra i metodi naturali per la regolazione della fertilità è quello della “naprotecnologia” (“Tecnologia per la procreazione naturale”), ideata dal ginecologo e chirurgo americano Thomas Hilgers, direttore dell’Istituto Paolo VI per gli studi sulla riproduzione umana a Omaha nel Nebraska. La naprotecnologia si basa sul modello Creighton, cioè l’osservazione rigorosa e scientifica del funzionamento del ciclo femminile: andamento e cambiamenti dei biomarcatori del ciclo (muco cervicale e altre perdite), che vanno annotati in una tabella. L’interpretazione dei dati contenuti nella tabella aiuta a fornire la diagnosi delle cause dell’infertilità e, quindi, la terapia più appropriata per curarla che, a seconda dei casi, può essere farmacologica, chirurgica o endocrinologica. Il risultato finale è una percentuale di nati vivi fra il 50 e il 60% del totale delle coppie che eseguono i trattamenti per un massimo di due anni (ma la maggior parte concepisce nel primo anno), contro una media del 20-30% fra chi ricorre ai cicli della fecondazione in vitro (generalmente sei cicli)». Insomma, con la naprotecnologia si ottiene un risultato 2,5-3 volte superiore rispetto alla fecondazione artificiale, e il tutto senza andare a intaccare l’atto naturale del concepimento e l’unità della coppia.

Infine, una riflessione. Un bambino nasce da un atto di amore tra un uomo e una donna. Nella fecondazione artificiale l’unione della coppia, il vincolo che unisce padre e madre, viene meno: tutto avviene in maniera asettica in un laboratorio, con le dovute differenze tra la fecondazione omologa e quella eterologa, ma sempre in un clima a-personale. Questa differenza nel modo con cui si è generati alla vita, ha conseguenze sul nascituro? Noi, persone che – se non altro per motivi anagrafici – siamo state concepite in maniera “naturale” e all’interno di un vicolo familiare, abbiamo inconsciamente la consapevolezza dell’amore che ci ha generati... ma cosa ne sarà dei bambini frutto della fecondazione artificiale?

Teresa Moro



AGISCI ANCHE TU! FIRMA LE NOSTRE PETIZIONI

NO all’eutanasia! NO alle DAT!

#chiudeteUNAR


Questo articolo e tutte le attività di Pro Vita & Famiglia Onlus sono possibili solo grazie all'aiuto di chi ha a cuore la Vita, la Famiglia e la sana Educazione dei giovani. Per favore sostieni la nostra missione: fai ora una donazione a Pro Vita & Famiglia Onlus tramite Carta o Paypal oppure con bonifico bancario o bollettino postale. Aiutaci anche con il tuo 5 per mille: nella dichiarazione dei redditi firma e scrivi il codice fiscale 94040860226.