18/07/2014

Fecondazione in vitro: prima causa di morte degli embrioni

Il Ministro della Salute, on. Beatrice Lorenzin, il 30 giugno ha presentato l’annuale relazione al
Parlamento sullo stato di attuazione della legge contenente norme in materia di Procreazione
Medicalmente Assistita (L. 2004, n. 40, art. 15), ma – nonostante il considerevole aumento del numero delle pagine (33 in più rispetto a quella del 2013) – alla fine della lettura dei dati e dei commenti in essa contenuti risorge spontanea la domanda: qual è il fine di questa relazione ?

Ovvero la conoscenza di quello che accade nei centri di fecondazione in vitro serve ad aiutare i Parlamentari a rendere più rispettose della dignità e della vita umana di tutti i soggetti coinvolti (uomini e donne desiderosi di avere un figlio e gli embrioni prodotti per realizzare tale desiderio) le tecniche di riproduzione contro natura che alcuni  ritengono una conquista di civiltà?

Appare subito chiaro che la relazione è stata stilata secondo logiche
imprenditoriali, utilizzando – nonostante l’invito rivolto più volte a prendere in considerazione il costo in vite umane innocenti di queste tecniche – indici che fanno apparire queste tecniche molto più efficaci di quanto lo siano realmente. Nelle varie tabelle si continua a riportare la percentuale di gravidanze ottenute rispetto ai cicli di fecondazione iniziati (19,70) e la percentuale di gravidanze ottenute rispetto al numero di embrioni trasferiti in utero (25,78%), ma non si trova alcuna correlazione percentuale tra numero di nati vivi e numero di ovociti fecondati (zigoti prodotti) e scongelati oppure tra numero di nati vivi e numero di embrioni trasferiti in utero (che ovviamente sarà un numero molto inferiore rispetto al 19, 70 e al 25,78 summenzionati).

Per tale motivo noi vogliamo – anche quest’anno – leggere la relazione con gli occhi del medico, che secondo l’insegnamento ippocratico dovrebbe essere sempre dalla parte della vita, e con gli occhi dei concepiti, che sono gli involontari protagonisti principali, o meglio le vittime prestabilite di queste tecniche.

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Se leggiamo con gli occhi del medico o mettendoci nei panni dei concepiti i numeri della tabella
sopra riportata, i cui dati sono presi in prevalenza dalla tabella I della relazione ministeriale, risulta evidente che solo 9.818 dei 105.324 embrioni trasferiti in utero ha avuto la possibilità di vedere la luce del sole, mentre 95.506 embrioni, cioè il 90,68% degli embrioni trasferiti in utero, è stato sacrificato consapevolmente e volontariamente per poter ottenere la nascita dei 9.818 fratellini sopravvissuti!

Questo numero diventa ancora maggiore ove si tenga conto che gli ovociti a fresco fecondati
(zigoti) sono stati 154.902 (tab. 3.44), cui bisogna aggiungere i 12.611 embrioni scongelati (tab. 3.50) ed i 5.825 embrioni formati dai 12.437 ovociti scongelati, dei quali 8.251 sono stati inseminati (tab. 3.52), che portano a 173.338 il numero dei concepiti prodotti ed a 154.381 il numero dei concepiti sacrificati – i cui diritti (anche quello alla vita?!?) l’articolo 1 comma 1 della legge 40 dichiara di assicurare – per far aver in braccio un bambini a 8002 delle 54.458 coppie, che hanno fatto ricorso alla fecondazione in vitro nel 2012!

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In altre parole solo uno su dieci embrioni trasferiti in utero, ed uno su sedici embrioni prodotti o scongelati riesce a vedere la luce del sole. Solo il 14,92% delle coppie che ricorrono alla fecondazione artificiale riesce a coronare il suo desiderio di avere un figlio, mentre l’85,06% delle coppie rimane a braccia vuote, con meno soldi in tasca, dopo essersi sottoposte a bombardamenti ormonali ed a procedure invasive e … spesso con la sindrome post fivet quando si rendono conto di aver esposto a morte certa tre, cinque, nove loro figli per coronare il loro desiderio di avere un figlio!

A confermare l’inesistente considerazione posta dai redattori della relazione alla dignità degli
embrioni nella relazione non troviamo alcuna indicazione sul perché gli embrioni prodotti dalle
tecniche a fresco da 154.902 (tabella 3.44 pag. 74) cui bisogna aggiungere i 5.825 embrioni prodotti dalla fecondazione degli ovociti scongelati diventano 114.276 nella tabella 3.57 di pagina 82. Dove sono andati a finire: nel water come merce da scarto ? Nei laboratori per esperimenti.
Poiché non ci risulta che la Corte Costituzionale abbia abrogato (ancora) anche l’art. 1 della legge 40/2004 chiediamo al Ministro della Salute di motivare il perché la relazione trascuri completamente di riferire in modo esplicito, comprensibile da tutti i Parlamentari e da tutti i Cittadini Italiani,  quale sia l’altissimo costo in vite umane innocenti ed indifese di tutte le tecniche di fecondazione in vitro, che rappresentano in Italia la prima causa certificata in assoluto di morte degli embrioni umani. In barba a quanto il Comitato Nazionale di Bioetica ha affermato il 22 giugno 1996: “Il Comitato è pervenuto unanimemente a riconoscere il dovere morale di trattare l’embrione umano, sin dalla fecondazione, secondo i criteri di rispetto e tutela che si devono adottare nei confronti degli individui umani a cui si attribuisce comunemente la caratteristica di persone”.

Inoltre come medici riteniamo molto utile che la relazione ministeriale fornisca più informazioni e dati sui risultati dell’applicazione delle tecniche di fecondazione in vitro su alcune specifiche patologie, come ad esempio l’infertilità endocrino-ovulatoria (nel 2012 sono state trattate 2.578 coppie); l’infertilità idiopatica ( 7.034 coppie trattate); la poliabortività (459 coppie trattate); il fattore genetico (441 coppie trattate) comparando i risultati ottenuti con le tecniche di fecondazione in vitro con quelle meno costose, meno rischiose per la salute della donna e meno mortifere per gli embrioni.

Ci rincresce dover ancora una volta segnalare che i finanziamenti del Ministero vengano utilizzati quasi esclusivamente per potenziare le tecniche di riproduzione umana artificiale, mentre poche risorse vengano indirizzate alla vera terapia della sterilità ed infertilità coniugale (microchirurgia tubarica, crioconservazione del tessuto ovarico nelle donne che si devono sottoporre a terapie oncologiche e suo reimpianto nell’ovaio dopo la terapia) ed alla divulgazione delle informazioni sull’autoconoscenza della fertilità della donna e della coppia, che senza alcuna spesa potrebbero aiutare – come già avviene da decenni (Metodo Billings e Metodi Sinto Termici) – tante coppie ad avere figli naturalmente.

Se vengono trattati così i figli dei propri clienti che ne sarà di quelli che saranno prodotti con cellule germinali non della coppia e di quelli che cresceranno in uteri altrui?

Il Consiglio Direttivo dell’AIGOC
Roma, 14 luglio 2014

 

Blu Dental

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