07/07/2017

Femminicidio: l’ISTAT svela il fenomeno massmediatico?

Il problema del femminicidio, così come ce lo hanno dipinto, non esiste. Esiste l’omicidio, che è un’azione gravissima a prescindere dal fatto che porti alla morte di un uomo oppure di una donna.

Il cosiddetto “femminicidio”, che ha meritato pure l’introduzione di un neologismo coniato da Maria Marcela Lagarde, è un fenomeno massmediatico creato ad hoc: si parla con insistenza di un argomento, al fine di far credere alla gente che sia un’urgenza nazionale. E solitamente la gente ci crede. È lo stesso stratagemma utilizzato con le vaccinazioni: bisogna convincere li italiani dell’urgenza di introdurre i vaccini obbligatori? Parliamo a più riprese di persone che contraggono il morbillo o simili...

Sulle colonne di ProVita abbiamo parlato molto del femminicidio, chiarendo i reali (... numerici!) confini del fenomeno e specificando come il numero degli omicidi riguardasse per circa i due terzi uomini – talvolta anche uccisi da donne, ma il “maschicidio” pare non abbia appeal mediatico... – e come, al tempo stesso, non tutti gli omicidi compiuti nei confronti di donne potessero rientrare nella fattispecie del “femminicidio” compiuto per mano violenta di un partner o ex partner che lo fa per motivi legati al sesso di appartenenza.

Forse per molti, nel fare questo, eravamo degli insensibili visionari, poco inclini alle quote rosa. Eppure in questi giorni sono stati pubblicati i numeri dell’Istat e, ohibò!, avevamo ragione.

Già l’UNODC (United Nations Office on Drugs and Crime), nell’ambito del Global Study on Omicide, nel 2005 le donne uccide erano state “solo” il 22,3% del totale e, nel complesso, l’Italia è tra le nazioni più sicure per il gentil sesso.

I dati Istat ci dicono che nel 2012 le donne vittime di omicidio erano state il 30,3%; nel 2013 il 35,7% ; nel 2014 il 31,1% e nel 2015 il 30,1%. La percentuale, comunque sempre attorno a un terzo del totale, è dunque in calo. Entrando ancora più nel dettaglio, nel 2015 le donne uccise sono state 156. Se poi si va a vedere le motivazioni alla base dell’omicidio e chi ne è stato l’autore, si scopre che a poter rientrare nella categoria del femminicidio sono 74 casi. Sono tanti, non dovrebbero assolutamente esserci, ma sono un numero pari al 15% del totale degli omicidi compiuti in Italia nel corso dell’anno 2015. Quindi perché parlare con così tanta insistenza del fenomeno femminicidio?

Quel che si vede è un continuo tentativo di svilire la figura maschile (già in crisi), dipingendola come violenta e pericolosa, con l’intento di andare a intaccare il legame uomo/donna. Divide et impera, come ci insegna la storia da qualche secolo a questa parte. Si crea una società di persone sole, isolate, che non si fidano l’una dell’altra. Una persona singola è maggiormente “manovrabile”, consuma di più, ma soprattutto è innocua, non può fare nulla di incisivo.

Di fronte a questo occorre tornare a puntare sulla famiglia, prima e vera comunità educante che aiuta e sostiene i cittadini del domani a diventare veri uomini e vere donne.

Alba Mustela


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