13/04/2017

Gender a scuola: i fatti e le parole (della Fedeli)

Se qualcuno non ha visto in TV l’interrogazione parlamentare che si è svolta ieri alla Camera, in cui si è chiesto conto alla Fedeli della propaganda gender nelle scuole, può vederne la registrazione su internet (per esempio qui).

Chi va di fretta e si contenta di un riassunto, sappia che l’onorevole Gianluigi Gigli, di Democrazia Solidale, ha chiesto conto e ragione del fatto che – nonostante le rassicurazioni del precedente Ministro Giannini – la propaganda gender nelle scuole continua (e fa riferimento allo spettacolo Fa’afafine, cui sono state invitate moltissime scuole in tutta Italia).

Il Ministro attuale, la signora Valeria Fedeli, continua, a parole, a rassicurare: nella prima replica parla solo di rispetto dei principi costituzionali di pari opportunità, conseguenti alla pari dignità di tutti gli esseri umani, sui quali siamo tutti d’accordo. Possiamo anche essere benevolenti e immaginare che quando parla di  “violenza di genere” sottintenda la violenza sulle donne: nonostante le gigantesche menzogne che ci propinano sul “femminicidio”, diciamo che va bene. A parole, niente propaganda gender.

Gigli replica ribadendo che, visto che la responsabilità educativa, per i minorenni, è in capo alle famiglie, «ci vuole una preventiva autorizzazione delle famiglie per le attività extracurricolari – preventiva! – e a fronte di una segnalazione dei contenuti educativi non neutri, che vengono proposti ad alunni di età adolescenziale e a bambini». E aggiunge che spesso, nei fatti, chi tiene queste “lezioni” fa uscire l’insegnante dall’aula...

Infatti, ciò che avviene nella pratica, è distante anni luce dalle belle parole della Fedeli.

L’onorevole Walter Rizzetto chiede conto di un’interrogazione presentata da Fratelli d’Italia, a proposito di ciò che è avvenuto il 6 marzo 2017 in un liceo di Pescara.

Due psicologhe dell’associazione Arcilesbica nazionale hanno realizzato un progetto che secondo la circolare 197 della scuola serviva alla lotta alla discriminazione, del bullismo e del cyberbullismo, mentre sul sito internet dell’istituto era, invece, presentato come progetto sulle differenze di genere (e quando si parla di genere, invece che di sesso, “gender ci cova”); la circolare 197 si concludeva con la richiesta di «liberatoria fotografica e di adesione», da esprimere su appositi modelli allegati alla stessa circolare, «per rendere le famiglie consapevoli e partecipi dell’iniziativa». Molti genitori non hanno firmato, quelli che avevano firmato la liberatoria non erano «adeguatamente informati», come vorrebbe la nota con le parole del MIUR: «Quasi nessuno era a conoscenza della specificità dei temi trattati, né tantomeno del fatto che i relatori appartenessero alla citata associazione Arcilesbica nazionale». Conclude l’interrogazione: «L’educazione sessuale spetta ai genitori, come sancito sia dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, sia dalla Costituzione, sia da numerosi atti normativi e regolamentari»

La Fedeli, a parole, ribadisce che «la partecipazione a tutte le iniziative extracurricolari, inserite nel piano triennale dell’offerta formativa, e facoltative, prevede la richiesta del consenso da parte dei genitori per gli studenti minorenni o degli stessi, se maggiorenni, i quali, in caso di non accettazione, possono astenersi dalla frequenza», e scarica la responsabilità sulle famiglie che  hanno il dovere di informarsi bene, citando la nota del MIUR del 6 luglio del 2015: «Le famiglie hanno il diritto ma anche il dovere di conoscere, prima dell’iscrizione dei propri figli a scuola, i contenuti del piano dell’offerta formativa per la scuola secondaria e sottoscrivere formalmente il patto educativo di corresponsabilità per condividere in maniera dettagliata diritti e doveri nel rapporto tra istituzione scolastica autonoma, studenti e famiglie».

Ciò vuol dire, cari Lettori, che nei fatti per il Ministro un’adesione generica al POF della scuola, sul quale mai sarà scritto nel dettaglio che Arcilesbica terrà lezione agli studenti, per il MIUR vale come consenso informato: sta ai genitori approfondire...

Quindi, come abbiamo sempre detto, bisogna vigilare, dialogare con i figli e gli insegnanti, partecipare agli organi collegiali e – infine – chiedere espressamente e per iscritto dettagli sui progetti dove potrebbe infilarsi l’ideologia gender, e su chi li tiene. La scuola non può rifiutarsi di fornirne.

Oggi più che mai, nonostante la vita frenetica e mille impegni che il lavoro comporta, non si può “delegare” alle istituzioni il ruolo educativo che appartiene innanzitutto, e sopra a tutto, ai genitori.

Redazione


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