04/11/2017

Gender a scuola: in Trentino si punta sulla fascia 0-6 anni

Se non si riesce a far passare il gender nei progetti scolastici, si può tentare di farlo entrare formando le insegnanti e le educatrici in tale ottica. Sembra essere questo il ragionamento portato avanti in Trentino dove, per la Giunta Provinciale ha approvato – il 20 ottobre 2017 – il progetto DEE, che esplicitato sarebbe: “Diversity, Equality and inclusion in pre-primary Education and care: a gender perspective“. 

Insomma, spazio al gender nella fascia 0-6 anni. Ma, appunto, passando dalla via della formazione delle insegnanti e delle educatrici, il che è un ottimo sistema per evitare di incorrere in problemi con genitori e associazioni che desiderano educare i propri figli secondo la legge naturale, e non secondo posizioni ideologiche e scientificamente infondate.

Un progetto, questo del DEE, che costerà la bellezza di 320.000,00 euro, dei quali circa il 25% a carico della Provincia (e quindi dei cittadini): vale davvero la pena spendere tutti questi soldi per diffondere l’ideologia gender? Sarà anche vero che in Trentino non ci sono – almeno non ancora – scuole che crollano e problemi di carta igienica mancante, ma non pare questo un buon modo di investire i soldi. Perché non pensare invece a qualche progetto di incentivo alle nascite e di sostegno alle famiglie con figli? La risposta è forse troppo facile: perché bisogna obbedire a logiche nazionali e sovranazionali che stanno portando il mondo in una precisa direzione, quella dell’estinzione...

Gender a scuola: il Consigliere Borga fa un’interrogazione

Diversity, Equality and inclusion in pre-primary Education and care: a gender perspectiveDi che si tratta?

Con delibera n. 1797 del 20 ottobre 2017 la Giunta provinciale ha approvato il progetto DEE (quello indicato per esteso nel titolo) del costo complessivo di 320.000,00 euro, di cui 81.000,00 a carico della Provincia.

Nelle premesse si legge che il progetto «mira a dare un contributo fattivo nel contrasto agli stereotipi di genere, costruendo e testando un modello di formazione rivolto a insegnanti ed educatrici della fascia 0-6 anni per fornire loro le conoscenze e le competenze necessarie a creare ambienti educativi e di crescita inclusivi e sensibili alle tematiche di genere».

Si legge altresì che il progetto «intende inoltre sensibilizzare le famiglie e i decisori politici in maniera da creare un contesto favorevole al superamento dei modelli stereotipati di genere».

Altro che aiuti a comprendere i contenuti di tale progetto, che pure costa ai contribuenti la bellezza di 320.000 euro, nelle premesse della delibera non è scritto.

Né a tal fine aiuta la lettura della “Scheda Budget progetto DEE” allegata alle delibera quale sua parte integrante e sostanziale, dove nulla si dice circa i contenuti del progetto.

Al giudizio dell’interrogante è opportuno che la Giunta esponga compiutamente contenuti e finalità del progetto per diverse ragioni.

Perché costa 320.000,00 euro, provenienti direttamente od indirettamente (quelli europei) dalle tasche dei contribuenti italiani.

Perché destinatari ultimi del progetto “educativo e formativo” sono bambini da 0 a 6 anni (e le loro famiglie).

Perché la definizione di “stereotipo di genere” non di rado nasconde (o manifesta a seconda dei casi) teorie che definire singolari è poco. In alcuni casi ad onor del vero deliranti.

Così, ad esempio, c’è chi sostiene che sarebbe una credenza quella per cui uomini e donne posseggono diversi patrimoni di caratteristiche, al di là dell’aspetto fisico e del patrimonio biologico e che “la gentilezza, la sensibilità alle relazioni, la cordialità, il bisogno di filiazione” -caratteristiche che nella “definizione del femminile” sono attribuite alle donne – costituirebbero “tipizzazioni negative”. Evidentemente la studiosa ritiene quelle che al sottoscritto (e, ritengo, ai più) sembrano essere delle doti, dei difetti.

Così c’è chi combatte una fiera battaglia contro fiabe e favole “tradizionali”, con buona pace di Biancaneve, del Principe Azzurro, di Cappuccetto Rosso e, per altre, pur esse evidenti, ragioni, del lupo cattivo.

Così c’è chi ritiene che, essendo il genere “una costruzione continua”, cita Simone de Beauvoir, secondo la quale “donne non si nasce, lo si diventa”, e sostiene che “essere “uomo” o “donna” non è una condizione predeterminata, ma un divenire, un essere che è sempre, attivamente, in costruzione”, che “anche la definizione del sesso è una negoziazione sociale”, che gli stereotipi di genere “contribuiscono a biologizzare (sic!) le differenze di genere” e “negano legittimità alle costruzioni identitarie che si propongono come alternative (esempio, le identità omosessuali o transgender)”.

Così c’è chi evidenzia la “discontinuità tra differenze di genere e differenze di ruolo coniugale”, atteso che “la funzioni genitoriali possono essere esercitate anche in contesti familiari in cui i ruoli coniugali non sono necessariamente legati alla differenza di genere dei partners, come nel caso delle coppie/famiglie omosessuali”.

Per non parlare, cosa che più in questa sede preoccupa, della dichiarata volontà d’intervenire il più presto possibile sui bambini, al fine di aprire la strada all’affermazione dei cc.d.d bambini “gender variant”, che secondo qualcuno sarebbero “una realtà”.

Intervenire quanto prima possibile sui figli e nipoti di genitori e nonni in massima parte inconsapevoli, in quanto “gli stereotipi di genere vanno sradicati ancor prima che abbiano la possibilità di crearsi nella mente dei piccoli”; che devono essere manipolati per bene fin dalla nascita!

Premesso il florilegio, per forza di cose assai sintetico, di cui sopra, si rileva come a porre in qualche misura un argine a queste pericolose sciocchezze abbiano provveduto le linee guida anti-discriminazione ministeriali recentemente approvate, che contengono i principi chiave nel cui le scuole (anche quelle della nostra autonoma Provincia) dovranno attenersi nell’organizzare iniziative di contrasto a tutte le forme di discriminazione.

Tra l’altro, per quanto in questa sede interessa, si rileva come dette linee guida contengano l’esplicitazione del concetto secondo cui la differenza uomo-donna è all’origine della vita, per cui nascere uomo e donna e davvero la pietra angolare della nostra identità.

Il documento è poi chiaro nel ribadire che tar i diritti ed i doveri da trasmettere non rientrano in alcun modo né le “ideologie gender”, né l’insegnamento di pratiche estranee al mondo educativo.

Quanto sopra premesso, il sottoscritto consigliere

interroga

il Presidente della Provincia al fine di conoscere nel dettaglio – e quindi al di là delle generiche affermazioni di principio contenuti nella delibera della Giunta provinciale 1797/2017 – contenuti, finalità e destinatari del progetto DEE di cui in premessa.

A norma di regolamento si richiede risposta scritta.

Trento, lì 31 ottobre 2017

Cons. Rodolfo Borga

Redazione


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