24/04/2019

Gender. Murgia, quanti sofismi: la realtà è semplice…

La teoria del gender non esiste. Ma anche no. Con una serie di capriole linguistiche degne dei sofisti più abili, Michela Murgia è arrivata sostanzialmente ad attribuire la paternità di questa ideologia ai suoi oppositori. «Quello sul “gender” è un dibattito che non esiste ed è la prova del fatto che realtà virtuali sono reali», ha dichiarato la scrittrice in un’intervista a un quotidiano online.

Rispondendo a una domanda in qualche modo “capziosa” per come posta, in cui l’intervistatore alludeva al convegno a porte chiuse dove l’assessore provinciale trentino Mirco Bisesti dovette uscire scortato per evitare gli attivisti Lgbt, la Murgia ha argomentato che, «se la nomini abbastanza», la teoria del gender diventa «reale».

Poco dopo, però, la scrittrice contraddice la sua affermazione iniziale e dichiara: «Fermare i progetti scolastici significa fermare i progetti di lotta alla discriminazione. Ci dobbiamo domandare ora chi discrimina le donne, gli omosessuali». Con queste parole, implicitamente la Murgia ammette l’esistenza di programmi educativo-culturali che si battono contro le discriminazioni, omettendo, però di dire che questi programmi non si limitano a quell’obiettivo ma offrono un’antropologia evidentemente alternativa al naturale dualismo maschile/femminile.

Di seguito, l’intervistata sembra scagliarsi contro la libertà educativa delle famiglie: «Non capisco poi perché debba per forza essere la famiglia il luogo di educazione e formazione su questi temi. Io credo invece che debba essere la scuola a farlo: cosa accade se una famiglia è maschilista, omofoba o crede che la Terra sia piatta? Deve essere la scuola a portare a un’altra visione. Credo che sia la scuola laica la garanzia per le nuove generazioni».

Ecco, dunque un altro sofisma mistificante tipico delle “narrazioni” politicamente corrette: la famiglia naturale è un costrutto senza alcun fondamento scientifico, quindi facilmente accostabile a una leggenda metropolitana dei nostri tempi come il “terrapiattismo”. Il tutto sullo sfondo di un’intervista tropo a senso unico, in cui il giornalista, nella domanda in questione, rievocava le menzionate contestazioni all’assessore Bisesti, attribuendo in sostanza a lui e agli altri organizzatori del convegno Donne e uomini: solo stereotipi di genere o bellezza della differenza, la volontà di escludere chi fosse in disaccordo con i relatori.

Stravolgere i costrutti del pensiero dominante, dunque, sarà sempre molto difficile.

Luca Marcolivio

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