02/01/2019

«Ho abortito e sto benissimo»: il blog shock per rendere banale l’aborto

Ebbene sì, da oggi l’aborto è «un’esperienza di vita» e «le donne devono sentirsi al sicuro di parlarne liberamente». Questo sarebbe l’intento del blog nato alcuni mesi fa dal titolo Ivg. Ho abortito e sto benissimo ad opera di Federica Di Martino, psicologa e psicoterapeuta, ed Elisabetta Canitano, ginecologa della onlus Vita di Donna. Un’idea di importazione francese ora arriva in Italia dove, secondo la Di Martino, «ancora vige lo stigma dell’esperienza traumatica e dell’obbligo di vergogna». Parole che stridono con il vissuto di tantissime donne che non hanno, invece, fatto nessuna fatica a fare outing sulla condizione di disperazione in cui, un’esperienza che era stata descritta loro in modo asettico e distaccato, le ha gettate subito dopo. E non parliamo solo e tanto di donne credenti o di attiviste pro life ma anche di femministe convinte, per di più, in alcuni casi, dedite agli “studi di genere” e convinte sostenitrici della causa “pro choice”.

Ma tornando al blog in questione, la dottoressa Di Martino spiega candidamente, sulle colonne del webmagazine Giornalettismo, che il vero problema, udite, udite, è che l’aborto viene descritto  come una tragedia (forse perché lo è veramente, dato che consiste nella soppressione di un essere umano che per di più è il proprio figlio?) e la colpa, indovinate di chi è? Presto detto: «Questa è una deriva del patriarcato, un’arretratezza che è necessario superare» tuona la Di Martino, assicurando che il suo blog, invece, è uno spazio dove le donne possono dire “senza paura” (o senza pudore?) «ho abortito e sto bene»; non contenta, incalza: «Il trauma postabortivo non è assolutamente provato scientificamente, anzi», e continua: «vogliamo rivendicare una scelta che è individuale, così come è individuale il modo in cui viene rielaborata».

Il gruppo, sottolinea, mira a difendere quelle donne che non si sentono in colpa per non essere diventate madri, ricorrendo all’aborto. Ma allora una domanda sgorga spontanea dalla nostra mente, dato che, talvolta, basterebbe un semplice e veloce ricorso alla logica per cogliere certe evidenti contraddizioni: se queste donne non si sentono in colpa per avere abortito e hanno vissuto l’esperienza dell’aborto come “banale”, al pari del lavarsi i denti, per quale imperscrutabile motivo avrebbero bisogno di un blog che le difenda, dato che, a detta loro, stanno benone? O… hanno semplicemente bisogno di difendersi da se stesse e dal dramma che, volenti o nolenti, società vetero-patriarcale o meno, si portano dentro, nonostante cerchino di affossarlo raccontandosi una “bella bugia”?

Manuela Antonacci

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