08/05/2018

I giovani del Movimento per la Vita e la libertà di parola

Dai Giovani del Movimento per la Vita, su Prolife.it, un bel post sulla libertà di espressione che – evidentemente – non è più garantita quando si voglia difendere la vita.

«È di tutta evidenza che la libertà di stampa e di scrittura è uno dei baluardi più forti di una libera organizzazione dello Stato». Così scriveva più di 250 anni fa Anders Chydenius, il pensatore svedese grazie al quale fu adottata la prima legge costituzionale al mondo sulla libertà di stampa, nel lontano 2 dicembre 1766 in Svezia. Fu così abolita la censura sulla pubblicazioni stampate e garantita ai cittadini la libera partecipazione ai dibattiti politici.

All’incirca vent’anni dopo, nel 1787, la libertà di parola e di stampa trovò tutela anche nella Costituzione americana, sancita nel primo emendamento.

La libertà di espressione e di stampa sta alla base della formazione dell’opinione pubblica, essenziale per lo sviluppo di ogni sistema democratico. La libera circolazione di idee, pensieri e opinioni arricchisce la formazione del pensiero dei singoli ed è espressione del bisogno intrinseco della persona di esprimere il proprio pensiero liberamente, attraverso la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. Trattasi di un diritto che si collega all’identità culturale del singolo e parimenti di ogni nazione, in quanto fondamentale per la formazione del dibattito pubblico e della critica.

La libertà di opinione e di espressione è sancita inoltre sul piano internazionale dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948 all’art. 19, dall’ art. 10 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo e dall’art. 11 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.

La nostra Carta costituzionale all’art. 21 prescrive che «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione» e al secondo comma stabilisce che la stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.

La libertà di espressione è quindi un valore fondamentale di ogni ordinamento giuridico e un principio che non va mai dato per scontato, ma che deve essere sempre difeso.

Al proposito, desta preoccupazione quello che è accaduto a Roma in relazione al manifesto della associazione onlus ProVita collocato il 5 aprile al civico 58 di via Gregorio VII, la cui affissione sarebbe stata dapprima autorizzata e poi a seguito di alcune polemiche è stata eseguita la rimozione anticipata da parte della amministrazione capitolina.

Il manifesto raffigurava la gigantografia di un feto accompagnato dalle frasi “Tu eri così a 11 settimane. Tutti i tuoi organi erano presenti. Il tuo cuore batteva già dalla terza settimana dopo il concepimento. Già ti succhiavi il pollice. E ora sei qui perché tua mamma non ha abortito”.

Il cartellone, della misura di sette metri per undici, è stato rimosso dall’amministrazione comunale poiché il contenuto è stato ritenuto in contrasto con le prescrizioni previste al comma 2 dell’art. 12 bis del Regolamento in materia di Pubbliche affissioni di Roma Capitale, che vieta espressamente esposizioni pubblicitarie dal contenuto lesivo del rispetto di diritti e libertà individuali.

In passato nel nostro Paese, terminata l’epoca fascista, la censura è stata applicata in ragione della violazione del limite del buon costume, concetto meta-giuridico i cui contorni sono andati via via evolvendosi nel tempo col mutare del sentimento morale e sociale. Non si può tuttavia non constatare che la riproduzione di un’immagine di un feto non è un’immagine contraria al buon costume, né tantomeno offensiva, né volgare, né lesiva di alcun diritto che possa giustificarne la censura.

Ci si chiede nel caso di specie quali diritti e libertà individuali siano state violate in relazione all’affissione del manifesto. Non è stato forse leso il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero attraverso lo scritto e ogni mezzo di diffusione, così come sancito dalla nostra Costituzione? Ovvero non è stata forse infranta la prescrizione costituzionale che prevede che la stampa non debba essere soggetta a censure?

Informazioni quali “i tuoi organi erano presenti a 11 settimane. Il tuo cuore batteva già dalla terza settimana dopo il concepimento. Già ti succhiavi il pollice” pongono l’attenzione sul concepito, sull’informazione e sulla conoscenza che lo riguardano: il battito del cuore e la presenza degli organi alla undicesima settimana di gravidanza sono infatti dati scientifici.

L’accusa mossa contro il manifesto è stata quella di andare contro leggi dello Stato, ma la stessa legge n. 194 del 1978, cui ricorrono quest’anno i 40 anni della sua emanazione, non nega che il concepito sia uno di noi e che sia quindi privo di dignità.

Pertanto tale censura amministrativa sulla stampa ha le sembianze di un colpo inferto alla libertà di espressione e di stampa, costituzionalmente garantite nel nostro Paese, tanto da suscitare un’interrogazione parlamentare e dar luogo a un ricorso amministrativo attualmente pendente da parte della associazione coinvolta.

La libertà di espressione e di stampa riguarda tutti quanti e chi si batte a favore della Vita, seppur nei modi più diversi, lo fa anche per dare voce a chi voce non ha, come il concepito.

Sicché togliere la voce a coloro che prestano la propria voce a chi per ovvie ragioni non può esprimersi arreca un danno alla libertà dei singoli e delle associazioni, alle coscienze e alla società interna.

Zoe

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