03/10/2013

I “risvegli” che le famiglie aspettano

La ricerca cresce, i centri clinici sviluppano competenze, avanzano progetti. Ma la fatica di chi segue pazienti vegetativi resta inascoltata

Ci avviciniamo alla “Giornata nazionale dei risvegli per la ricerca sul com-Vale la pena” del 7 ottobre, la quindicesima edizione promossa dall’associazione “Gli amici d Luca” sotto l’alto patronato del Presidente della Repubblica. In questi ultimi anni in Italia le comunità scientifiche e le associazioni di familiari hanno dato vita a molteplici iniziative, frutto principalmente di una quotidianità oggettiva e di un lavoro capillare non soltanto sui pazienti, ma sui familiari: quei caregiver che hanno intrapreso, volenti o nolenti, una professione appassionante e dedicata. Ci accorgiamo di quanto sia importante ciò che si sta compiendo in Italia, quando ci confrontiamo con le realtà straniere, come è capitato di recente a Milano al convegno internazionale del “Progetto Precious” sulla rilevazione e implementazione dei percorsi di cura (capofila la regione Emilia Romagna con Fondazione Besta di Milano e Centro Neurolesi di Messina). Lì ci siamo resi conto che in Inghilterra, Spagna, Germania, Belgio, India e nei Paesi arabi oltrea una cultura diversa c’è un diverso sistema sanitario nel quale le famiglie vengono poco considerate, così come le associazioni (poco presenti). Ci vorrebbe dunque uno studio internazionale sulle persone colpite e le loro famiglie.

La Giornata dei risvegli dà il suo contributo presentando, tra le varie iniziative, il “Progetto Incarico-modello di integrazione socio sanitaria nella presenza in carico dei pazienti” coordinato da Matilde Leonardi (domani all’Università Cattolica di Milano il workshop per le famiglie), il “Progetto Vesta sull’accuratezza diagnostica”, una ricerca realizzata da 24 Ordini dei medici italiani e coordinata da Roberto Piperno (il 9 ottobre all’Auditorium del Ministero della Salute a Roma).

L’attenzione politica a questi temi però non ha mai raggiunto livelli così bassi. Riguarda il governo centrale che pure con il “Tavolo sugli stati vegetativi e di minima coscienza” sta realizzando un documento che contiene alcune proposte; vale per le amministrazioni locali che, nonostante l’approvazione delle linee guida, non trovano il tempo per l’ascolto. Ascoltare in questo momento vorrebbe dire cercare di capire i bisogni e lasciare spazio per interpretarli. Ci sono molte eccellenze e buone pratiche in Italia e sono citate nel “Libro bianco” edito dal Ministero della Salute. Oltre alla Casa dei Risvegli Luca de Nigris di Bologna, penso a Casa Dago e Casa Iride a Roma, alla Clinica Quarenghi a San Pellegrino, e all’Istituto S. Anna di Crotone che sviluppa il progetto Oberon per un sostegno delle famiglie a domicilio.

Ma le associazioni dei familiari sentono l’usura di una società che vuole vedere questa condizione soltanto in subordine a qualcos’altro. Bisogna superare le patologie e unirsi sui bisogni, i percorsi di cura e il benessere del sistema famiglia, nell’assunzione di responsabilità da parte di tutti per far fronte al dialogo con le istituzioni e al momento di crisi. Ci sono in Italia percorsi di cura che coinvolgono la fragilità della persona e la non autosufficienza e che riguardano Sla, Sma e malattie neurodegenerative, ma che difficilmente si traducono in una cultura pubblica nuova (non solo leggi e fondi).

La specificità di questi temi può purtroppo costringere chi ne è coinvolto a rinchiudersi su se stesso, a rannicchiarsi nella plancia della borsa mentre fuori il mare è in tempesta. Si può anche soccombere o aspettare che il mare torni calmo per uscire fuori a vedere quale mondo è rimasto.

di Fulvio de Nigrisdirettore Centro Studi per la Ricerca sul Coma “Gli Amici di Luca”

Festini

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