23/08/2019

Il caso Sara Tommasi e la banalizzazione dell’aborto

La mancata maternità di Sara Tommasi sta diventando il giallo dell’estate tra gli appassionati di gossip. La 38enne showgirl aveva dato l’annuncio della sua gravidanza ai primi di giugno, poi però a metà luglio la sua manager Debora Cattoni, dal suo profilo Instagram, ha riportato la mesta notizia: «Sara […] non ha portato avanti la gravidanza poiché ha ripreso la cura». È noto che la Tommasi soffre di disturbo bipolare. Lei stessa ne aveva parlato in un’intervista a Le Iene, spiegando: «Non ero io e non ricordo nulla di quel periodo buio di 4 anni fa. Non parlavo bene, non mi ricordavo le frasi. I farmaci hanno permesso che io tornassi lucida».

Una cura che ha dovuto riprendere alcune settimane fa, preceduta, a quanto pare, dalla drammatica decisione di abortire. «Si sta curando», scrive ancora la Cattoni, «il bipolarismo non è di certo un caso facile. Ho scelto una star problematica ma con grandi doti che vanno oltre la logica».

Già pochi giorni dopo l’annuncio, però, Dagospia aveva bollato la notizia della maternità di Sara Tommasi come una possibile «caltagironata», ovvero una montatura, in cui la sua manager avrebbe avuto un ruolo determinante. Ipotesi, a detta del sito di gossip, rafforzata dal fatto che nessun nome di alcun nuovo compagno della showgirl fosse noto alle cronache rosa. Nel post di Instagram citato, tuttavia, la Cattoni aveva menzionato Angelo Guidarelli, 46enne imprenditore, che «le sta sempre vicino» in questo frangente difficile.

Colpiscono in questa vicenda – vera o costruita che sia – i toni particolarmente frivoli e banalizzanti riguardo a quelli che sono due drammi devastanti: la malattia della Tommasi e l’aborto. Entrambi i temi meriterebbero di essere raccontati per quelli che sono davvero, evitando gli estremi della morbosità ma con il massimo del realismo possibile. Altrimenti sarebbe preferibile stendervi intorno un velo di decorosa discrezione.

Nel caso in cui la brutta esperienza vissuta dalla Tommasi fosse veramente una montatura, come afferma Dagospia, ciò sarebbe ancor più grave. L’aborto è l’uccisione di un essere umano nelle sue settimane di vita intrauterina e, anche qualora venga effettuato in ragione delle cattive condizioni mentali della gestante, rimane una tragedia per il bambino cui viene impedito di nascere, ma anche per la mancata madre, che ne patirà tragiche conseguenze fisiche e psicologiche per il resto della sua vita.

In epoca di gossip, di social network, di influencer e di copertine patinate, invece, l’aborto rischia di essere fatto passare come un piccolo incidente di percorso, come un intralcio, un piccolo neo da togliere, per avere una vita più tranquilla. Qualcosa di talmente insignificante da poter essere messo al centro di una storiella forse inventata.

Luca Marcolivio

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