21/02/2018

In Trentino parte una campagna contro il gender

In questi giorni la città di Trento è tappezzata da manifesti piuttosto originali.

In alto campeggia la scritta «Basta violenza di genere». Si potrebbe pensare ad una campagna contro il cosiddetto femminicidio: una delle tante campagne pubblicitarie di cui non è sempre facile capire l’utilità e l’efficacia, ma che non di rado servono ad affermare una certa ideologia e a marcare il territorio politico.

È il disegnino subito sotto a far capire che le associazioni promotrici, CitizenGo e Generazione famiglia, intendono altro: mani nere calano, dall’alto, un reggiseno per il bambino e dei baffi per la bambina. Chiarisce tutto la scritta tautologica: I bambini sono maschile bambine sono femmine.

Si tratta dunque di una campagna pubblicitaria contro l’ideologia gender, che in Trentino ha il suo grande sponsor nell’assessore PD Sara Ferrari.

L’ideologia gender, in poche parole, nega l’importanza del dato biologico e assolutizza il dato culturale: non è vero che nasciamo maschi e femmine, ma diventiamo maschio o femmine, o ciò che vogliamo (agender, gender fluid, bigender…).

Si tratta, evidentemente, di una visione parziale, e quindi falsa: è vero che ognuno di noi cresce, nella sua mascolinità o femminilità, sviluppandole di più o di meno, o diversamente, a seconda dell’ambiente e della cultura, ma è altrettanto vero che il dato biologico, anatomico, ormonale… non è assolutamente secondario né cancellabile.

La campagna che arriva anche nella città di Trento si iscrive dunque nella battaglia contro il tentativo di far passare la mascolinità o la femminilità come costruzioni del tutto soggettive, culturali, storiche, finendo per confondere i bambini e gli adolescenti, che nella loro crescita hanno bisogno di sentirsi incoraggiati a diventare ciò che sono, e non a rinnegare la propria natura.

Si potrebbe dunque dire che i manifesti inneggiano alla diversità, contro l’omologazione; diversità tanto cara alle femministe della differenza, sempre più contrarie, insieme al mondo cattolico, all’ideologia gender: il problema non è annullare le differenze, creare il genere neutro, svirilizzare l’uomo e “sfemminizzare” la donna, ma riconoscere la ricchezza che esiste nella differenza sessuale, perseguendo una cultura né dell’ambiguità, né dello scontro, ma dell’alleanza tra uomo e donna, tra maschio e femmina.

Il problema della violenza sulle donne, detto con altre parole, non è legato alla virilità dei maschi, ma al contrario, ad una virilità non educata: l‘uomo vero è cavaliere, come direbbe il sociologo Giuliano Guzzo, e non il violentatore.

Mettergli il reggiseno, convincerlo della cattiveria della sua natura, è solo ideologia. Allo stesso modo la donna vera non è una specie di maschio, ma una creatura diversa rispetto all’uomo, e a lui complementare.

Come ho scritto in questo articolo, il buon senso lo insegna e le neuroscienze lo confermano: camminando a braccetto, maschio e femmina, vedono più chiaramente, perchè sono le differenze, coltivate ed educate, a completarci ed arricchirci.

Francesco Agnoli

Fonte: La Voce del Trentino


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