10/11/2015

Istighiamo al suicidio? ProVita denuncia!

Abbiamo dato notizia (qui) a fine ottobre che ProVita ha deciso di ricorrere all’autorità giudiziaria contro chi ha gratuitamente insultato il presidente della nostra Associazione, Toni Brandi.

Una cosa è la critica, anche dura; altra cosa è l’offesa gratuita.

Ora l’episodio è ancora più grave: ProVita e, in particolare, uno dei membri della redazione, sono stati pesantemente diffamati da uno dei più attivi siti LGBT. Su quel sito si trovano tanti articoli su ProVita: sconcertanti per la superficialità delle analisi, e il basso livello delle critiche, nonché, qualche volta, per le semplici falsità e le espressioni di intolleranza.

Tutto questo siamo disposti a tollerare: auspicheremmo una discussione più seria su temi così importanti come quelli che trattiamo di solito, senza cadute di stile, senza parole che oltrepassano il diritto di critica per sfociare nell’ingiuria senza senso. Da parte nostra abbiamo sempre cercato di esporre le ragioni dietro la nostra posizione, a volte esercitando una critica vigorosa nei confronti della controparte, ma il nostro “attacco” è diretto verso le idee, non verso le persone.

Dispiace quindi apprendere che nell’altro schieramento non si intenda il diritto di critica allo stesso modo. Come già detto, cerchiamo di essere pazienti e tolleranti, anche quando gli attacchi contro di noi esprimono un’intolleranza tanto più sorprendente che proviene da quegli stessi ambienti che fanno gran parlare di “democrazia”, “accettazione delle diversità”, “libertà di espressione”, e così via.

Non siamo tuttavia disposti ad accettare che ci vengano attribuiti atti gravissimi, come il desiderare la morte altrui, o che integrerebbero addirittura fattispecie criminali, come l’istigazione al suicidio e alla violenza. Per questo abbiamo deciso di denunciare ciò che ipotizziamo essere gravi diffamazioni contro ProVita e alcuni suoi membri (vedi qui il testo della denuncia).

Accettiamo le critiche, tanto più che, quando esse sono ben formulate, possono costringerci a mettere meglio a fuoco le nostre tesi e ad approfondire certe questioni. Le frasi che seguono (e tante altre), non costituiscono però critiche ragionevoli, ma pura diffamazione:

ProVita inciterebbe “le famiglie a spingere al suicidio i figli transessuali”; svolgerebbe “incessante propaganda di incitamento all’odio omofobico e transfobico”; sosterrebbe che sia “fondamentale insegnare ai bambini a nutrire disprezzo” nei confronti dei transessuali; che “qualunque forma di odio e di violenza” possa essere compiuta “per il bene dei bambini”, “anche quando quegli stessi bambini vengono condannati a torture e a morte quasi certa dalla dittatura di un pensiero malato basato sul pregiudizio”, e, addirittura (in un crescendo che ha qualcosa del vero e proprio delirio), ProVita vorrebbe “creare quelle condizioni che possano spingere i figli al suicidio nel nome dell’ignoranza e del pregiudizio”, e starebbe “organizzando un genocidio”.

Qualunque persona che abbia un minimo di buon senso, e che abbia seguito il nostro sito e letto un certo numero di articoli, può comprendere quanto queste affermazioni siano ridicole. Anzi, magari fossero ridicole. Esse sono gravi: molto più idonee ad alimentare quel “odio” e quella “violenza” ai quali invece ci si accusa di istigare. Ci auguriamo di non dover arrivare alla situazione che si è creata in Germania (vedi qui), dove alcuni esponenti pro-family hanno visto le loro auto incendiate. Niente male per i campioni della tolleranza ...

Redazione

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