16/03/2017

La Buona Notizia #677 – L’impegno dei giovani prolife

La Buona Notizia che in Italia, a Roma, si è formato un gruppo di giovani “Universitari per la Vita” l’abbiamo già data.

Abbiamo anche detto che quest’anno hanno aderito ai 40 Giorni per la Vita, la catena di preghiera davanti agli ospedali perché cessino gli aborti.

I 40 Days for Life sono cominciati in Texas, si sono rapidamente diffusi in tutti gli USA e nel resto del mondo. Ora anche in Italia.

Presso i locali dell’Associazione Famiglia Domani,  abbiamo assistito ad un’interessante conferenza di Robert Colquhoun, direttore delle campagne internazionali di 40 Days for Life, che è venuto ad incoraggiare i giovani universitari romani.

Ha raccontato la sua esperienza, la gioia di salvare la vita dei bambini e le loro mamme dalle conseguenze nefaste (e taciute dai più) dell’aborto. Ha raccontato delle cliniche costrette a chiudere per mancanza di clienti, della meraviglia nel conoscere i piccoli che – dopo diversi mesi – sono nati grazie al fatto che le loro mamme li hanno visti lì a pregare fuori della clinica...

«Dio fa cose straordinarie attraverso le nostre povere preghiere: e se anche avessimo salvato una sola vita, essa sarebbe valsa tutti i nostri sforzi», ha detto. E invece i  primi 9 anni di 40 Days for Life, durante i quali si sono svolte 4.535 campagne, in 675 città, in 40 Paesi, con 725.000 partecipanti, hanno salvato quasi 13.000 bambini. 143 persone che lavoravano nelle cliniche abortiste (medici, infermieri, amministrativi) si sono licenziati, 83 cliniche hanno chiuso.

Certo, per i credenti la preghiera fa cose grandi. E per chi crede è un conforto (e una Buona Notizia!) sapere che c’è una catena di preghiera per la vita che circonda tutto il mondo, durante la Quaresima e prima di Natale, ogni anno.

Ma i non credenti?

Ha detto Colquhoun che non solo i loro gruppi sono ecumenici e le preghiere avvengono secondo le regole proprie dei diversi partecipanti, ma che anche persone non credenti spesso si aggregano a loro.

L’ha confermato Chiara Chiessi, responsabile degli Universitari per la Vita: «Nel nostro gruppo ci sono anche ragazzi non credenti. La battaglia pro life non è confessionale: la vita – specie quella dei bambini in grembo – e la salute delle donne sta a cuore anche a chi non pratica la religione. Una nostra amica atea viene con noi all’ospedale San Giovanni. Mentre noi preghiamo, lei distribuisce volantini».

Insomma, in questo mondo dove la cultura della morte dilaga e sembra a volte spadroneggiare, un incontro con dei giovani che si battono per la vita e che pregano in comunione con centinaia di migliaia di persone in tutto il mondo, ritempra il cuore e dona speranza: è davvero una Buona Notizia.

Francesca Romana Poleggi


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