17/05/2018

Maxi manifesto a Genova: avallo del sindaco Bucci

Il maxi manifesto di ProVita che campeggia in Corso Buenos Aires a Genova continua a far discutere: da un lato c’è chi vorrebbe censurarlo, considerandolo lesivo nei confronti di donne e bambini, dall’altra vi sono coloro che si rifanno alla libertà di espressione e/o ne condividono i contenuti volti alla sensibilizzazione del dramma dell’aborto.

Una scena che si ripete: stesso copione di Roma, a inizio aprile.

Eppure una differenza sostanziale c’è: a Genova c’è un sindaco che ha chiari i principi sui quali intende reggere la sua città, e che non si va influenzare da fazioni ideologiche. Al termine della presentazione del Salone Nautico 2018, infatti, interrogato sull’eventualità che il maxi manifesto venga censurato, Marco Bucci ha affermato in maniera molto chiara e pacata: «C’è la libertà di pensiero e di espressione in Italia, cosa che talvolta a me negano, ma andiamo avanti lo stesso, c’è la libertà, quindi non mi sembra il caso che noi interveniamo su queste cose».

Pare dunque che servirà a poco la campagna di raccolta firme lanciata online dal comitato “Lo decido io”, e rivolta proprio al sindaco Bucci, con la richiesta di intervenire, in difesa di una legge che – scrivono i promotori – «che garantisce la libertà delle donne, indipendentemente dalla propria morale».

Con Bucci, si sono esposti pubblicamente in difesa del maxi manifesto di ProVita anche alcuni consiglieri comunali. Francesca Corso della Lega, che è anche presidente della Commissione Pari Opportunità, in una nota ha sottolineato che «il messaggio deve essere ben chiaro: interrompere una gravidanza, significa interrompere una vita. E questo, a mio avviso, non è mai qualcosa di trascurabile». Anche il capogruppo di Fratelli d’Italia in Regione Liguria, nonché presidente della Commissione Sanità, Matteo Rosso ha condiviso su Facebook il manifesto e lo ha accompagnato con la frase: «La vita è un valore e deve essere sempre difesa. In tantissimi si sono scatenati contro il manifesto, con una rabbia che mi ha fatto davvero male. Io difenderò sempre la vita».

Insomma, due città, due diversi trattamenti. A Roma la Raggi ha fatto prevalere il suo pensiero (o ha ceduto alle pressioni...), appellandosi in maniera forzata al comma 2 dell’art.12 del Regolamento della Pubblicità, che cita «È vietata l’esposizione pubblicitaria il cui contenuto sia lesivo del rispetto delle libertà individuali, dei diritti civili…». E questo sia nel caso del manifesto di ProVita, sia per quello di CitizenGO: di aborto, nella Capitale, non si può parlare.

A Genova, invece, a prevalere è la libertà di espressione... ma anche il buon senso: il manifesto di ProVita non accusa alcuna donna, bensì vuole essere un semplice richiamo al fatto che l’aborto è l’omicidio di una persona (piccola nelle dimensioni, ma già tale) e che si tratta di una scelta (se è davvero una scelta libera, poi, è tutto da dimostrare) che ha gravi conseguenze sulla donna stessa – dal punto di vista sia fisico, sia psicologico -, sia sull’intera società, che viene privata di un suo membro e di tutti i suoi potenziali discendenti.

Redazione

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