13/04/2014

Ministero controlla: chi non ha ancora inserito a scuola la cultura gender?

Il Ministero dell’Istruzione interroga l’Ufficio scolastico della Lombardia per scovare le scuole in cui non si è ancora iniziato a parlare di cultura di genere.

Il rilevamento avviene tramite la compilazione di un questionario in cui si cerca di scoprire il grado di attenzione nei confronti della lotta agli stereotipi dei diversi ruoli sociali.

Ecco come Tempi riprende la questione.

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Chi non ha ancora sentito parlare delle differenze di genere? Vuole saperlo  l’Ufficio scolastico regionale per la Lombardia del ministero  dell’Istruzione che ha inviato a tutti i dirigenti scolastici degli  istituti secondari di primo grado di Milano e provincia un questionario per  capire in quali istituti non si sono ancora svolti progetti che parlino delle «differenze di genere», allo scopo di «elaborare criteri per misurare  l’attenzione delle istituzioni scolastiche ai temi delle pari  opportunità/differenze di genere».

I MODULI. La modulistica dovrà essere riconsegnata entro  lunedì 14 aprile e dovrà contenere risposte affermative o negative a domande  come queste: «Nella stesura delle documentazioni scolastiche (regolamento, piano  di lavoro annuale, relazioni finali, registri, ecc.) e nelle comunicazioni  interne (circolari) c’è attenzione ad adeguare il linguaggio ai due generi?». E  nella «nella stesura della documentazione per le famiglie?». Si chiede inoltre  se i docenti sono ancora legati ai vecchi stereotipi o se «hanno richiesto o  seguito corsi di formazione relativi ai temi delle pari opportunità o delle  differenze di genere». E ancora se «nella scelta dei libri di testo,  l’attenzione alle pari opportunità costituisce un criterio», sebbene poi non sia  spiegato da nessuna parte cosa significhi adottare un testo di matematica o  italiano in base al criterio delle pari opportunità.

NUOVI MODELLI. Non è difficile comunque capire dove si  voglia andare a parare. L’indagine è situata all’interno di un progetto, imPARIaSCUOLA, promosso dalle  consigliere di parità della Provincia di Milano e della Provincia di Monza e  Brianza, Tatiana Biagioni e Serenella Corbetta, in collaborazione con Afol  Milano e finalizzato «a contrastare gli stereotipi di genere che producono  segregazione e limitano la piena espressione e realizzazione delle persone». Già  svolto fra alunni, docenti e famiglie di alcune scuole elementari medie e  superiori delle province di Milano e di Monza e Brianza, imPARIaSCUOLA mira a  contrastare «le differenze e gli stereotipi di genere». Con un programma che non  fa della «differenza di genere solo un destino, ma piuttosto una vocazione  inserita in una realtà più grande di quella individuale», che «nel tempo può  incoraggiare il cambiamento». Come? Nel confronto «tra generi» e nella «scoperta  dei cambiamenti (p.es. nei modelli , nell’educazione…)», per «interpretare il  cambiamento e guidarlo/generarlo».

LA CULTURA. Quanto ai risultati  ottenuti nelle scuole, il sito di imPARIaSCUOLA festeggia perché, se da una  parte «un gruppo di ragazzi dichiara che esistono differenze fin dalla nascita», tuttavia «in generale i ragazzi riconoscono l’esistenza di importanti  influenze esterne nello sviluppo che possono determinare le differenze». In  altri istituti si sono tenute lezioni contro il cliché della differenza fra uomo  e donna, in base al quale quest’ultima sarebbe più propensa ad accudire i figli  e a praticare la danza del primo: «Grazia e abilità», ad esempio, sono stati  attribuiti al ballerino Roberto Bolle, mentre un «fenomeno del pallone» è  Carolina Morace. Grazie a queste particolari lezioni gli studenti milanesi hanno  potuto imparare che «uomini e donne sono descritti con caratteristiche diverse  nei testi che leggiamo» e che «nel passato uomini e donne hanno avuto ruoli  diversi». Un altro ciclo è servito a stabilire che è un preconcetto pensare che, «per esempio, le facoltà umanistiche hanno un’adesione prevalentemente  femminile, mentre le facoltà scientifiche sono frequentate di più dai maschi», o  che un uomo «svolge lavori faticosi» mentre la donna «si occupa della famiglia». Infine, però, gli animatori del progetto devono ammettere che ancora «dominano  immagini stereotipate attinte dalla realtà più prossima ai ragazzi ed alle  ragazze», perciò «si dovrà continuare questa proposta formativa».

Benedetta Frigerio

 

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