30/11/2014

Obiezione di coscienza: vademecum per il medico

Obiezione di coscienza . Proponiamo ai nostri lettori questo articolo pubblicato sul mensile Notizie Pro Vita, che meritava di essere letto e merita di non essere dimenticato.

Note giuridiche importanti per i medici che si rifiutano di uccidere.

Gianfranco Amato, Presidente di Giuristi per la vita, spiega perché anche sulla cosiddetta “contraccezione d’emergenza” il medico può invocare il diritto all’obiezione di coscienza. Si tratta, infatti, di pillole abortive (cambiargli il nome non gli cambia la sostanza), e il diritto all’obiezione, che è previsto nella stessa l. 194, si può esercitare anche nel caso delle pillole. È protetto – insieme al diritto alla vita – dalla Costituzione, e dal codice di deontologia medica. Infine, se anche un giudice di parte e pretestuoso ritenesse di poter sottoporre il medico obiettore ad azione legale, sarebbe costretto a riconoscere il suo comportamento senza colpa né dolo, quindi non punibile. Piuttosto sono le pressioni contro i medici obiettori che potrebbero essere perseguite penalmente.

 Nei sempre più frequenti casi di minaccia di azione legale contro i medici che si rifiutano di prescrivere la pillola del giorno dopo (o dei cinque giorni dopo), le argomentazioni si basano quasi sempre sui seguenti rilievi:

  • a) non esiste per le prescrizioni delle pillole utilizzate nella contraccezione d’emergenza un diritto all’obiezione espressamente previsto per legge;
  • b) nel campo penale non è possibile l’applicazione analogica dell’art.9 della Legge 194/78 (il quale prevede l’obiezione di coscienza in caso d’interruzione volontaria della gravidanza);
  • c) il medico è comunque deontologicamente obbligato a prescrivere la pillola, rischiando, in caso contrario, sanzioni disciplinari e legali.

Ecco, in sintesi, i punti che possono essere invocati a sostegno del diritto all’obiezione di coscienza e i rimedi per tutelarlo.

1. Esistono elementi non eludibili dal punto di vista scientifico, suffragati dalle stesse indicazioni delle case farmaceutiche, che attestano l’attitudine delle pillole utilizzate nella contraccezione d’emergenza ad agire anche nella fase post-concezionale, impedendo l’ulteriore procedere della vita dell’embrione e, in particolare, il suo annidamento nella parete uterina. Appare quindi evidente quantomeno la potenzialità di un simile effetto, e il rilievo causale decisivo rispetto al possibile determinarsi di tale effetto, tra la prescrizione e la somministrazione delle predette pillole.

2. È vero che il diritto all’obiezione di coscienza nei casi in esame non è esplicitamente contemplato da una norma di legge – posto che la previsione di cui all’art. 9 della legge n. 194/1978 attiene al contesto della interruzione di una gravidanza accertata –, ma è altrettanto vera la sussistenza delle condizioni per invocare l’applicabilità per analogia, ai sensi dell’art. 12, co. 2, disp. Prel. cod. civ., del medesimo art. 9. La ratio giustificativa dell’obiezione nel caso dell’interruzione volontaria della gravidanza, infatti, è identica a quella invocabile per la prescrizione delle pillole utilizzate nella contraccezione d’emergenza, ovvero l’indisponibilità di agire in senso lesivo di una vita umana nella fase prenatale, e segnatamente di una vita umana che va svolgendo la sua sequenza esistenziale all’interno del corpo femminile. A questo proposito occorre precisare che il citato art. 9 restringe l’ambito della potenziale applicabilità di norme penali incriminatrici, e quindi l’utilizzazione analogica della medesima norma non va incontro al divieto di cui all’art. 14 disp. prel. Cod. civ., dando luogo per l’appunto, sotto il profilo penale, a un’ipotesi di c.d. analogia in bonam partem.

3. Anche a prescindere dai rilievi del punto precedente, peraltro, i casi in esame, in quanto riguardano l’indisponibilità alla collaborazione verso un atto lesivo della vita umana, devono ritenersi afferenti all’ambito di un diritto all’ obiezione che ha fondamento costituzionale e risulta desumibile direttamente dalla Costituzione. Tale indisponibilità, infatti, non riflette un atteggiamento antigiuridico, ma la fedeltà al rilievo di quel particolare bene – la vita umana – il cui rispetto assume un ruolo del tutto preminente nell’impianto costituzionale, costituendo presidio del mutuo riconoscimento fra gli esseri umani come uguali (vale a dire, del principio di uguaglianza), nonché presupposto necessario dell’esercizio di qualsiasi altro diritto.

4. Resta inoltre applicabile in favore del medico che non intenda prescrivere o somministrare le pillole in oggetto la clausola di coscienza contemplata dall’art. 22 del codice di deontologia medica: clausola che non avrebbe alcuna ragion d’essere se non costituisse un criterio delimitativo degli obblighi giuridicamente ascrivibili al medico, assumendo rilievo, pertanto, anche al di fuori dei casi di obiezione esplicitamente previsti dalla legge. E proprio in riferimento alla clausola di coscienza il Comitato Nazionale per la Bioetica ha riconosciuto in modo unanime, nella Nota sulla contraccezione di emergenza approvata il 28 maggio 2004, la possibilità per il medico di rifiutare la prescrizione o la somministrazione di Levonorgestrel (LNG).

5. Da quanto s’è detto deriva che, se da una parte l’ordinamento giuridico intende garantire la possibilità d’interruzione del processo già attivatosi di una vita umana, dall’altra parte esso non può operare con modalità coattive nei confronti di soggetti indisponibili per ragioni di coscienza a tenere quelle medesime prestazioni.

6. Infondata appare, quindi, la minaccia di azioni legali contro i sanitari che intendano avvalersi dell’obiezione di coscienza nei confronti delle pillole in oggetto. E se pure azioni del genere dovessero essere intraprese, esse non sembrano poter reggere a un vaglio giudiziario. Si noti del resto che, perfino nel caso in cui – per ipotesi – si dovesse giungere in sede giudiziaria a considerare inammissibile l’obiezione di coscienza nei casi in discussione, sarebbe ben difficile non riconoscere nei sanitari interessati – alla della situazione attuale e dei pronunciamenti del Comitato Nazionale per la Bioetica – un errore inevitabile (e come tale scusabile) di diritto sull’obbligo penalmente rilevante, come altresì l’assenza del dolo in merito all’antigiuridicità della condotta.

7. Occorre, infine, evidenziare che eventuali pressioni o minacce nei confronti dei medici obiettori intese a far sì che il loro diritto all’obiezione non venga esercitato potrebbero essere suscettibili, sussistendone le condizioni, di rilievo giuridico, anche sul piano penale (per esempio con riguardo ai reati di violenza privata e di minaccia, ex artt. 610 e 612 c.p.).

Gianfranco Amato

Tratto da NotizieProVita n.11 – Gennaio 2013 – Pag. 12

 

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